NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE Jazz
DOVE ASCOLTARLO Su tutte le piattaforme online, tipo qui
LABEL Comar 23
PARTICOLARITA’ jazz di forte impatto politico alla ricerca delle radici [parola d'Alligatore]
CITTA’ Colà di Lazise (Verona)
DATA DI USCITA 30/07/2021
L’INTERVISTA
Come è nato Mother Afrika?
Da tempo pensavo di dedicare un disco alle origini della musica jazz, cioè alla musica afro- americana. La mia ricerca musicale è stata nella direzione di un sound mainstream, sia sotto l’aspetto melodico, che ritmico e armonico, spogliando la musica da preziosismi e virtuosismi e arricchendola di semplicità.
Come mai questo titolo? ... anche se non è difficile capirlo.
L’Africa è la madre della musica che suono, e alla quale ho dedicato una vita di ricerca e di studio. Oltre a essere la madre della mia musica, è stata, è e sarà una fonte di ricchezza sia culturale che economica verso la quale dobbiamo avere riverenza e rispetto.
Come è stata la genesi di questo disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
È iniziato tutto durante il periodo del lockdown. Non mi era mai capitato di aver così tanto tempo per leggere, navigare in rete, ascoltare musica, guardare film e studiare. Ho ripercorso così tutta la storia del jazz. La storia della musica afro-americana è intimamente connessa col disagio del suo popolo e anche con la sua rivalsa. Si sono così materializzate nella mia testa le figure di queste donne che hanno contribuito in maniera inequivocabile al riscatto del popolo afro-americano e a loro ho dedicato le mie composizioni. La session di registrazione si è svolta interamente durante il periodo del lockdown: avevamo così tanto entusiasmo e voglia di suonare che il disco è stato registrato in una giornata, quasi sempre buona alla prima.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione dell’album?
Le tracce erano dieci. Due giorni prima della registrazione, ho sentito il bisogno di inserire un brano che rappresentasse le mie origini musicali, che derivano dalla musica liturgica. La stessa cosa fatto anche nei miei precedenti lavori, Minor Time e No Prohibition Unit. Ho scelto un canto tradizionale, che apre e chiude la tracklist. Ho pensato anche che sarebbe stato bello avere una voce recitante, come se fosse l’inizio e la fine di un racconto, di un viaggio, così ho chiamato il mio amico attore e autore Nicolò Sordo, gli ho detto la mia idea e lui ha trovato la bellissima poesia Africa mia Africa di David Mandessi Diop, che dà questa suggestione di un’Africa vista da lontano.
Se Mother Afrika fosse un concept-album su cosa sarebbe? ... tolgo il fosse?
Lo è. Ho pensato all’Africa di ieri e di oggi, sia a livello tematico che musicale. “Black Boy”, ad esempio, con forma AABA, nelle due A iniziali ha una melodia fresca e leggera che rappresenta la felicità di questi ragazzi, di queste famiglie che vengono in Europa sognando un mondo libero e accogliente, mentre nella B ho voluto rappresentare lo scontro fra le due culture con un sound più chiuso. C’è un’immagine, nel libretto che accompagna il disco, con una mano nera e una mano bianca che spiega perfettamente questa tensione. Un altro brano, “Rosa Parks”, inizialmente era nato in 4/4, successivamente in 5/4 e infine l’abbiamo inciso in 3/4, per rendere la stanchezza di Rosa Parks quando si è ribellata sull’autobus.
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiero dell’intero album? ... quello più da live?
Il mio brano preferito è “Bud’s Power”, quello più da live
“Rosa Parks”.
Come è stato produrre Mother Afrika? Quali label/distributori/promotori
vicino?
Appena finita la registrazione, sono stato contattato dalla label Comar 23, che ha capito il mio pensiero musicale e così è nata la nostra collaborazione. Ringrazio anche il mio ufficio stampa Francesca Grispello di Synpress44.
Copertina che colpisce e ha un senso... Come è nata? Chi l’ha pensata così?
Volevo una copertina che comunicasse il mio desiderio di essere semplice e di arrivare a più persone possibili, così ho scelto un’immagine dell’Africa colorata e dolorosa allo stesso tempo: il rosso rappresenta il sangue degli afro-americani e la sottomissione che hanno dovuto subire nel corso dei secoli, il nero, il colore della pelle, e il verde, la flora e la ricchezza di questo grande continente.
Come presentate dal vivo il disco?
In forma di concerto con delle incursioni performative: anche dal vivo diventa una vera e propria storia, con interventi recitati e mimici, con un make-up che ricorda le maschere tribali africane.
Altro da dichiarare...
Questa è la mia musica, questo è il mio pensiero!
Grande jazz in questa luminosissima giornata di metà ottobre, Mother Afrika del Roberto Zanetti Quartet che ho il piacere di ospitare in palude ... sembra di vedere l'Africa, sembra di essere in Africa.
RispondiEliminaCon tutt i suoi miti, riti, suoni ... e l'omaggio diretto a quattro donne in quattro brani, afro-amaericane che hanno fatto la Storia nel secolo scorso e che è sempre giusto ricordare: Wilma Rudolph, Rosa Parks, Nina Simone, Katherine Johnson.
RispondiEliminaTra queste quattro, la mia preferita è quella dedicata a Rosa Parks, la donna che sfidò le convenzioni negli Usa razzisti degli anni Cinquanta rifiutando di lasciare il suo posto a un bianco sull'autobus. Il piano di Zanetti sembra avere il ritmo, l'andamento di un bus, mentre il sax grida la forte e giusta indignazione ... a tratti psichedelico.
RispondiEliminaNon male anche l'omaggio a Nina Simone, con un incedere gioioso, direi, e con ogni strumento a fare la sua parte in modo composto.
RispondiEliminaGreat Nina s'intitola il pezzo, mentre il primo che ho detto semplicemente Rosa Parks.
RispondiEliminaWilma Rudolph, brano dedicato alla velocista olimpionica degli anni Sessanta, è classicheggiante e ha un gran bel ritmo, come si può immaginare.
RispondiEliminaKatherine Johnson, dedicato alla matematica importantissima, (io l'ho conosciiuta grazie al film Il diritto di contare) è un pezzo brioso costruito da un fitto dialogo tra tutta la band ... sembra improvvisato a ogni ascolto.
RispondiEliminaQuesti sono i pezzi centrali, tematici dell'album. Ma vorrei ricordare anche l'intro e l'outro, un traditional che ha dato nome all'album Mother Africa per l'appunto, con la voce recitante di Nicolò Sordo, che recita l'elogio all'Africa di David Mondessi Diop, poeta camerunese la madre, senegalese il padre, di forte impegno politico-rivoluzionario. Il testo, in inglese e italiano, c'è nel libretto (bravi).
RispondiEliminaUna sensazione di liberazione, di sollevazione questo pezzo introduttivo e finale ...
RispondiElimina... ma è tutto un disco da ascoltare questo del Roberto Zanetti Quartet, una bella scoperta di un musicante che abita molto vicino a me. Mi fa molto piacere questa scoperta!
RispondiEliminaGrande Ally. Era ora che venissi un po' dalla "mia"... Quando si entra nella brutta stagione, il Jazz è uno dei migliori rimedi, un toccasana per lo spirito e per la mente. Riscalda i cuori...
RispondiEliminaPS: stavo pewr inviare il commento e ho visto la richiesta del Captcha. Ma come, dopo tutte le nostre battaglie in giro per il mondo, ancora? ;-)
Ah, ah, ah ...il jazz in palude ogni tanto passa, come quasi tutti i generi (a parte la trap, che devo capire ancora cosa sia), e ti dirò passerà ancora qualche volta nelle prossime settimane. Sì, riscalda i cuori, come la vera buona musica... come sai, ne ho molto bisogno, in particolare in questo periodo.
RispondiEliminaP.S.
Per il captcha, no comment! Anzi, la lotta continua!