NOTE SINTECNICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
I brani sono facili e intuitivi all’ascolto; non particolarmente intricati, e a differenza di altri album, ogni singolo pezzo può essere “slegato” l’uno con l’altro, essendo di facile musicalità e riconoscibilità. “Non ti cambierà la vita” [cit.], ma sicuramente dopo il primo ascolto più della metà dei brani la starai già canticchiando….
GENERE
Classic Rock / Garage Rock/Rock & Roll
DOVE ASCOLTARLO
Vinile, CD, Sito dell’etichetta
Google Play, Spotify, Apple Music, Deezer, YouTube.
LABEL
Go Down Records - Italy
PARTICOLARITA’
Ogni singola canzone, racconta di un episodio realmente accaduto a uno o più membri della band; inoltre, nella registrazione del disco, sono intervenuti diversi nostri amici dando il loro contributo musicale, dando quel tocco di “vivacità” e varietà nell’intero lavoro.
CITTA’ Carpi (Modena) – Italy
DATA USCITA 16 luglio 2021
L’INTERVISTA
COME È NATO HAVIER THAN A STONE?
Beh… molto semplicemente, senza pensare la classica frase da musicista ambizioso “oh, dobbiamo fare l’album più cazzuto del mondo, dobbiamo chiuderci in sala e produrre brani a manetta per farci un album!” No no... nulla di tutto ciò: avevamo molte canzoni pronte, già da diversi anni, e per “coronare” un po’ il tutto, dare un tocco di chiusura, di arrivo, così da avere qualcosa di tangibile – anche per la posterità – abbiamo deciso di raggruppare diversi brani, (alcuni anche risalenti al 2016/2017) in un album appunto. Perciò una buona dose di “consapevolezza”, di che sound ottenere, e quali brani inserire, quali ci piacevano di più, e via!
COME MAI QUESTO TITOLO, CHE COSA VUOL DIRE?
Inizialmente il titolo doveva essere “The Hornets II” o qualcosa del genere… anche se è il nostro primo disco, ma in realtà sarebbe una seconda tranche di brani realizzati, per una nostra seconda fase musicale diciamo… però sta storia non ci convinceva del tutto. Poi, abbiamo visto che realizzare un disco “fatto bene”, con un senso, con un sound, e con tutte le cose fatte a modo (a cominciare proprio dal nome) non è proprio semplicissimo, o meglio, lo potrebbe anche essere, ma c’è da lavorarci bene sopra! Insomma, non è stata una cosa leggerissima da fare, anzi leggermente “heavy” e impegnativa, ecco da qui il titolo. Inoltre il titolo viene (involontariamente) citato nella canzone “Get Out (Baby… Get Out!)” scritta qualche anno fa. Insomma, ci sta da Dio! Poi, se vogliamo dirla tutta, il titolo potrebbe anche essere un rimando a una nota band inglese, dalla quale ci siamo ispirati moltissimo… ma non entro nei dettagli.
QUALE È STATA LA GENESI DELL’ALBUM, DALL’IDEA INIZIALEALLA SUA REALIZZAZIONE FINALE?
Rimando alla risposta della prima domanda. Avevamo già molti brani scritti negli anni… la cosa fondamentale poi è stata (soprattutto negli ultimi periodi) l’ascolto, ascolto, e ancora ascolto di tanta musica, così da poter cogliere spunti, idee e metterle in pratica al momento della realizzazione musicale (parlo dal punto di vista del sound); il resto è stato tutto abbastanza lineare, semplice, probabilmente come qualsiasi altra band.
Credo che quando si hanno i pezzi, e si ha ben chiaro un genere, il sound da ottenere, non c’è un processo particolare e complesso da seguire per realizzare il disco. Una cosa però che ha semplificato il tutto, e reso veramente figo il risultato finale, senza dubbio è stata la presenza di una persona esterna (scelta non a caso) competente, preparata, che ha sposato il nostro progetto: ovvero il nostro produttore Alessandro Tedesco. Dobbiamo a lui la nostra soddisfazione dell’album. Senza dubbio! Mitico Alle!
QUALCHE EPISODIO CHE È RIMASTO NELLA MEMORIA DURANTE LE LAVORAZIONI DEL DISCO?
Parecchi! Non saprei nemmeno quale raccontare! Mah… così a freddo, le cene a casa di Joe (il chitarrista), dove suo papà si è dimostrato più volte un fortissimo chef, alla conclusione delle registrazioni mezza giornata prima del previsto (penso siamo una delle uniche band dell’universo a cui sia successo!) all’ultima telefonata di un nostro caro amico fatta proprio durante rec. (doveva venire a registrare con noi un brano, ma una brutta malattia glielo ha impedito), all’utilizzo di un cacciavite come strumento musicale, al valore economico monetario degli strumenti che abbiamo usato che, messi assieme, superava di gran lunga quello delle nostre auto. Oppure la data di inizio delle registrazioni, che combaciava esattamente con la data in cui abbiamo conosciuto Alle Tedesco, in un concerto assieme ben tre anni prima; il cestino della merenda salutista che si portava da casa ogni giorno Steve, composta da banane, cereali e succo di melograno (per migliorare lo sperma), oppure ancora, l’ultima notte in sala prove, in cui abbiamo dormito con le ragazze che son venute a registrare la clapsu un brano (dovevano rimanere solo un’oretta al pomeriggio teoricamente…) e invece sono tornate a casa il giorno dopo. Sicuramente ne ho dimenticati altri…
SE FOSSE UN CONCEPT-ALBUM SU COSA SAREBBE?... TOLGO IL FOSSE?
No no no… lascialo pure perche non lo è!
Io sono abbastanza scettico sulle band che al primo disco se ne escono (forse con una punta di presunzione boh…) con l’idea di un album perfetto, fatto a bomba, sfarzoso (per non dire lezioso), con mille strumenti, ricercatissimo, e magari proprio anche concept-album! Lungi da me questo, perciò non saprei come risponderti… Semplicemente, direi: “sulla vita di tutti i giorni”, su fatti di persone normalissime, con i loro cazzi, le loro passioni, il loro lavoro, in loro problemi con l’altro sesso, e tutti messi in musica. Cavoli, fare un concept non è da tutti! Soprattutto se fatto bene…
C’E’ QUALCHE PEZZO CHE PREFERITE? QUALCHE PEZZO DEL QUALE ANDATE PIU’ FIERI DI HAVIER THAN A STONE? IDEALE DA FARE LIVE?
Una cosa che ci siamo sempre detti dal primo giorno che abbiamo pensato ad Heavier Than A Stone, è che tutti i brani ci piacciono tantissimo! Ognuno ha la propria particolarità, e siamo molto, molto soddisfatti delle canzoni realizzate! Tutte! poi è chiaro, subentrano i gusti di ognuno di noi, per esempio a Joe piace molto Fighting Man e Famale Creed, a Rovaz Get Out (Baby… Get Out!), ognuno di noi ha le proprie simpatie, o i pezzi che preferisce meno, però su una cosa siamo abbastanza d’accordo tutti: Rockstar’s Syndrome e Not So Easy sono i pezzi assolutamente top da fare in live! Ci sputtaniamo un sacco! Soprattutto a fare le “guitar-battle”! Momento top in assoluto del concerto! Da vedere e ascoltare! Ahahah.
MOLTO VINTAGE LA COPERTINA, O PER DIRLA DIRETTA, SENZA TEMPO. COME È NATA? CHI L’HA PENSATA COSI’?
Vintage? Dici? Mah… più che altro doveva dare l’idea appunto di qualcosa di “monolitico”, di peso, di poderoso (anche se poi la musica che proponiamo non è esattamente così…), perciò un background nero ci stava! Tipo hai presente il monolite all-black di 2001 Odissea Nello Spazio di Kubrick? Ecco, doveva richiamare qualcosa del genere… A me fa venire a mente molto quella roba lì… non so perché… Poi vabbè, ovviamente il nome della band bello visibile in grande, con sfumature arancio gialle e viola ovvero colori caldi, che evocano un certo tipo di musica. Non manca poi un lieve richiamo al primo nostro logo, con qualche tema legato all’aviazione, aerei etc…
Anche qui, come nell’aspetto musicale, è fondamentale una figura esterna che ti indirizzi, che veda “da fuori” questi aspetti e che sia coinvolta non internamente alla band; infatti, per tutti gli aspetti grafici, di design, (ma anche social e media), ci siamo affidati totalmente a Valentina Pini, la quale ci ha aiutato moltissimo! Anzi, direi che è stata fondamentale! Ha persino fatto la sua tesi di laurea dal titolo “Reload the band: Rebranding and Social Media Strategy” sul nostro disco, ed è stato molto interessante e utile!
Sulla copertina dell’album dunque, anche qui avevamo tantissime idee, forse troppe… poi, con il suo aiuto e quello dell’etichetta siamo riusciti ad arrivare al risultato finale di oggi.
COME PRESENTATE IL DISCO DAL VIVO? SE LO FATE O LO FARETE?
Innanzitutto preciso che durante i live sono molto chiacchierone ed interagisco tantissimo con il pubblico, forse fin troppo, quasi in maniera “cantautorale” (e non mi fa impazzire la cosa…) ma è più forte di me, non ci posso far nulla… perciò, i brani che proponiamo fanno parte di Heaveir Than A Stone lo si capisce bene! Ahahaha.
In ogni caso sì, tendenzialmente suoniamo - “tempisticamente permettendo” - tutto il disco, o quasi, con l’aggiunta di un paio di brani vecchi; siamo abbastanza precisi su questo, e tendiamo anche a eseguirli così come da disco e più o meno nella stessa sequenza. Poi, ovviamente decidiamo sempre un po’ all’ultimo a seconda della situazione in cui siamo a suonare, come tutti credo…
In definitiva, se vedete, o avete visto, un concerto Hornets da aprile 2021 è praticamente tutto Heavier Than A Stone, questo per una nostra scelta stilistica e caratteristica; i brani dell’album hanno proprio una stesura e uno stile un po’ diverso dai brani iniziali, e questo si sente molto (in senso positivo dico), per cui abbiamo adottato questa scelta, ossia di eseguirlo interamente e praticamente solo i brani che lo compongono.
COME SE LA PASSA L’UNDERGROUND ITALICO OGGI, TRA UN LOCK-DOWN E L’ALTRO?
Ah perché esiste un underground italico? Strano! Non me ne ero accorto!... ahahahha
Mi spiego eh: le band sicuramente non mancano, anzi! Ce ne sono parecchie, e di fighe anche! Tante! (Posso tranquillamente dire di seguire e ascoltare più quelle, che i soliti ritriti e grandi famosi gruppi rock di sempre…), però sono i posti e le persone che creano l’underground che scarseggiano! Ora che ci penso, qualche anno fa ci intervistò Red Ronnie, e ci fece più o meno la stessa domanda; ti rispondo più o meno come quella volta.
La questione dei locali, dell’underground, se si suona o meno, la risposta del pubblico, etc… ci interessa relativamente (quella volta con Ronnie fui più esplicito ahahaha!), non siamo più negli anni ’60 o ’70 dove la gente veniva appositamente per vederti suonare o per ascoltare e capire la tua musica – ad eccezione di pochissimi ovviamente -, basti vedere quanti radi siano i locali che ti permettono di farlo.
Oggi penso che queste situazioni le devi creare tu: sei tu che devi trasformare quelle poche occasioni che hai di suonare, in una scena musicale tutta sua. Adesso i luoghi dove fanno live-music sono i più disparati, dalla casa privata, al garage dell’amico, dietro una panchina di un parco durante una festa di paese, in una gelateria, in una farmacia, etc… ecco è lì che si crea il nuovo underground! Perciò se la intendiamo così, gli affari vanno gonfie vele! Perché basta creare una situazione live, ed esser bravo tu artista, tu gruppo a renderla tale! Vabbè, se poi parliamo di lockdown si aprono mille scenari… Sicuramente il tenerci chiusi ha fatto maturare di più la voglia a molti di andare vedere una band dal vivo, e con più interesse, questo sicuro! Ma credo sia un fuoco di paglia, e sono sempre più convinto di quello che ho detto all’inizio di questo discorso! Comunque è sempre una bella storia!
Esordio tirato, di autentico rock, anzi tiratissimo, di quelli che ami fin dal primo ascolto fatto da otto potenziali singoli. Bravi The Hornest, mi fa piacere ospitari in palude.
RispondiEliminaCon questo disco d'esordio, che viene dopo molta strada sulle polverose strade del rock.
RispondiEliminaE infatti i pezzi sono immediati, di pronto ascolto a partire da Don't Talk About Love singolo che apre il disco con le chitarre che ci danno dentro, un gran ritmo e una voglia di torcersi e urlare, che non abbandonerà mai l'ascolto di Heavier Than A Stone.
RispondiEliminaMa anche la seguente Female Creed non è da meno: adolescenziale e molto anni Settanta, con ironia e nostalgia.
RispondiEliminaPer non dire di Superman (Nietzche), spezzacoda con le chitarre a rincorresi per un rock'n'roll senza tempo ...
RispondiEliminaE questi sono i primi tre pezzi dell'album, i veri primi tre singoli.
RispondiEliminaCome detto, sono tutti potenziali singoli, allora continuo a citare ... per esempio Get Out (...Baby Get Out!), che l'inserimento del piano rende un pezzo particolare.
RispondiEliminaPer esempio 1997, classicone pieno di ritmo, con le chitarre al limite del virtuosismo e una certa malinconia di fondo...
RispondiEliminaPer esempio Not So Easy, brano conclusivo, brano decisamente anni Settanta, con entusiasmo, chitarre, ritmo, e l'impressione che dal vivo farà scoppiare il palco.
RispondiEliminaBravi The Hornets, continuate così ...
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