NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE Jazz
DOVE ASCOLTARLO Spotify,Youtube, Disco Fisico (esiste!!)
LABEL Emme Record Label
PARTICOLARITA’. È un disco che unisce il jazz, l’elettronica e la lingua italiana.
CITTA’ Milano
DATA DI USCITA 11 Gennaio 2021
L’INTERVISTA
Come è nato Di Crepe, di Sogni, di Futili Desideri?
Per gioco! Non avevo mai scritto in italiano. Scrivevo in inglese, perché l’inglese mi protegge, mentre l’italiano mi svela. Un giorno, per caso, ho incominciato a buttare giù appunti nella nostra ricchissima lingua e, da qui, il primo testo fino ad arrivare ad otto tracce! È stata davvero una sorpresa per me e un’esperienza che ripeterò. Adesso l’italiano non mi fa più così paura e, inoltre, da cantare è molto bello anche se decisamente meno ritmico dell’inglese!
Come mai questo titolo?
Il titolo è un condensato dei temi affrontati nel disco. Potrei cercare di riassumere dicendo che il “futile desiderio” è il motore della vita ed il fil rouge che lega tutti i brani. Se non animiamo la vita con il nostro “futile desiderio”, ci limitiamo a percorrere le strade che altri hanno scelto per noi o, magari, strade che non ci interessano, ma che ci si sono parate davanti o che, semplicemente, ci convengono, quindi sono “utili”. Questo vale nell’amore, negli studi, nella professione e anche nel quotidiano in cui, spesso, “l’utile” finisce per fagocitare le piccole cose che contano. La vita che non dedica attenzione al “futile desiderio” è, a mio parere, una vita molto triste. Tuttavia, il “futile desiderio” ha un prezzo, si insinua nelle crepe dell’esistenza e, allo stesso tempo, ne crea, perché dà vita a fratture tra noi e gli altri, ma anche all’interno di noi stessi. Realizzare un desiderio che non ha nessuna “utilità pratica” richiede coraggio e determinazione, nonché capacità di affrontare frustrazioni e delusioni. E questo soprattutto in una società come la nostra in cui, a valere, sono cose molto “utili” come status sociali, titoli, famiglie strutturate secondo le “buone tradizioni nostrane” e, naturalmente, più soldi possibili. Diciamo che il titolo può funzionare da chiave interpretativa per chi ascolta i brani anche se non bisogna mai dimenticare che le canzoni, come i figli, sono del mondo e non di chi le ha “create”. Da qui, l’invito a chi ci ascolta ad andare oltre i titoli e ad interpretare attraverso la propria esperienza quello che abbiamo scritto.
Come è stata la genesi di questo disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Il nostro duo nasce con un’idea ben precisa: recuperare le radici del suono, cioè il ritmo e la melodia, per poi costruirci intorno qualcosa di molto diverso. Abbiamo cominciato a suonare insieme nel 2016. All’epoca si trattava di un repertorio acustico, prettamente costituito da standard jazz della tradizione americana. Poi ci siamo detti: perché non aggiungere un po' di elettronica? E, così, è nato il nostro primo disco, Shades of Freedom, che raccoglie standard jazz, ma anche brani rock/pop, completamente ri-arrangiati per voce e contrabbasso, e con un notevole uso dell’elettronica. Dopo questo primo lavoro, abbiamo dato fondo a tutto il materiale inedito che, negli anni, ognuno per sé, aveva accumulato e lavorato, lo abbiamo totalmente rielaborato, abbiamo aggiunto nuove cose lavorate a quattro mani e così è venuta fuori l’idea di un disco composto di soli brani inediti, per di più in italiano, che abbiamo voluto colorare con un ampio lavoro di post produzione. Il risultato è Di Crepe, di Sogni, di Futili Desideri che, come sappiamo e come ci è stato detto da più parti, è difficile da etichettare. Ma questo era un rischio calcolato e, come per il titolo, abbiamo deciso di correrlo, trovando nella Emme Record Label l’etichetta giusta cui, a quanto pare, piace rischiare quanto noi!
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione dell’album?
La registrazione di alcune tracce nell’armadio della stanza da letto!!
Se Di Crepe, di Sogni, di Futili Desideri fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Come giustamente hai intuito lo è ed il “concept” è quello del titolo su cui mi sono piuttosto dilungata. La sfida però è sapere quello che per gli altri significano le mie canzoni. Mi piacerebbe organizzare un concerto in cui il pubblico viene invitato a raccontare la propria esperienza della canzone che ha appena ascoltato, il proprio vissuto collegato, la propria interpretazione. Sono certa che sarebbe molto divertente e chissà quanti nuovi significati si attaccherebbero alle canzoni che ho scritto!
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiera dell’intero album? … quello più da live?
Sono molto affezionata a Cannibali, che è il primo brano che ho scritto in italiano, a Gli Amanti, che ho scritto come una visione e che è davvero molto poco politically correct, a È Tutto, un vero e proprio divertissement con una parte recitata all’inizio. Il pezzo più da live è sicuramente Non Credo ai Martiri. Nel senso che quando lo finiamo ringraziamo sempre di essere sopravvissuti alla fatica di suonarlo! Se volete sapere perché, ascoltatelo!
Come è stato produrre Di Crepe, di Sogni, di Futili Desideri? Chi più vicino?
Registrando nel nostro “studio” ci siamo occupati della produzione dalla A alla Z dando libero sfogo alla creatività, infatti il disco ha tantissime sovraincisioni, che per noi è una novità e l’uso dell’elettronica è molto spinto rispetto al lavoro precedente. Per esempio alcune linee vocali sono state cantate più volte all’unisono creando di fatto un coro, così come altre sono armonizzate ed elaborate fino a creare un sound che ricorda l’organo Hammond. Gli archi sono tutti fatti con il contrabbasso, anche in questo caso con svariate sovraincisioni: ad esempio, in alcuni punti ci sono circa 20 contrabbassi che suonano contemporaneamente. Ne abbiamo approfittato per inserire delle piccole percussioni che affiancano il contrabbasso che spesso è usato, a sua volta, per creare dei loop ritmici. Insomma, in tutta onestà e senza falsa modestia, siamo davvero molto orgogliosi del lavoro fatto, lavoro che ha permesso di arricchire molto noi e il nostro progetto.
Copertina notturna con una stazione... direi novecentesca. Come è nata? Chi è l’autore?
È una foto scattata da me e da Cristiano in Portogallo, durante l’ultimo viaggio che abbiamo fatto prima della pandemia! Un viaggio stupendo, che ha ispirato anche la produzione del disco. È al crepuscolo però, non in notturna!
Come presentate dal vivo il disco?
Come ho spiegato, il disco presenta arrangiamenti particolarmente complessi, che vanno ben oltre i “nudi” voce e contrabbasso. Per poter portare live questo lavoro abbiamo dovuto rivoluzionare completamente il set-up. Al lato acustico, si sono aggiunte le percussioni, ma dal lato elettronica c’era bisogno di qualcosa di più di soli loop ed effetti. Quindi abbiamo inserito nel nostro set-up computer e controller in modo tale da poter mandare al momento opportuno cori, archi o linee di basso, prese dal disco. Abbiamo suonato a fine luglio al FARA MUSIC FESTIVAL con questo nuovo set-up ed il risultato è stato emozionante!
Altro da dichiarare…
Saremmo felici di trovarvi ad un nostro concerto perché della musica si può e si deve parlare, ma diciamoci la verità: la musica si deve ascoltare e farlo live è tutta un’altra cosa!
Tanto jazz in questo mio autunno caldo ... chissà perché mi stanno sottoponendo così tanti dischi jazz? Genere che apprezzo, e ho ospitato ancora in palude, ma non così tanto.
RispondiEliminaComunque, ve ne accorgerete ascoltandolo, è un jazz particolare quello del duo composto da Gabriella D’Amico e Cristiano Da Ros. Un jazz contaminato/contaminante, con l'elettronica al servizio della musica.
RispondiEliminaVe ne accorgerete ascoltando le otto tracce del disco, piene di suggestioni, sensualimi e momenti fuori dai luoghi comuni (cose importanti in questa brutta epoca sempre più appiattita).
RispondiEliminaI miei brani preferiti sono ... sicuramente Gli amanti, per gli intrecci di basso ed elettronica, una voce entusiasta a cantare una storia erotica, sicuramente poco politicamente corretta, come dice Garbiella D'Amico nell'intervista. Un pezzo che sembra un classico della canzone italiana ... basso usato in modo particolare, come la voce del resto
RispondiEliminaNon credo ai martiri è un pezzo dal gran ritmo, che ricorda, in parte, la colonna sonora di Daubailò... e poi è un pezzo molto fisico, cantato in parte in dialetto napoletano. Sì capisce benissimo, ascoltandolo, perché Gabriella lo ritenga molto da live.
RispondiEliminaBasso ancora suonato in modo particolare in Cannibali, canzone dal testo molto originale, poco convenzionale che potebbe diventare un classico.
RispondiEliminaE' tutto chiude in disco in modo ironico, sperimentale, come tutto il disco del resto: perfetto intreccio di elettronica e jazz, che lascia nelle orecchie un certo buon eco.
RispondiEliminaOttimo esordio in italiano questo Di Crepe, di Sogni, di Futili Desideri(il primo disco era in inglese), che spero sia l'inizio di una bella scia di album per loro ... nel solco dell'anticonformismo spinto, come piace a me.
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