NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE
Cantautorato
DOVE ASCOLTARLO
Alla pagina Bandcamp di Snowdonia Dischi
LABEL
Snowdonia Dischi
PARTICOLARITA’
Concept-album al cui sviluppo narrativo, tematico e percettivo concorrono stratificatamente relazioni fra parole, suoni e disegni, grazie ad un'interessante collaborazione grafica con il pittore Paolo Dolzan.
Potete trovare informazioni su di noi e sul nostro lavoro alla pagina FB di Snowdonia Dischi, e alla mia personale (Odla Iznat)
CITTA’ Trento
DATA DI USCITA Novembre 2020
L’INTERVISTA
Come è nato Oltre il cielo alberato?
Anarchicamente, mi verrebbe da rispondere, ma forse sarebbe più opportuno dire dilettantisticamente. Ovvero, la premessa di base era molto semplice: non essendo un artista, non avevo nessun obbligo da rispettare e nessun programma da seguire, ma neppure nessuna competenza e consapevolezza necessarie al mestiere. Canzoni però ne ho sempre scritte, anzi, sono sempre arrivate. Anarchicamente, come un’esigenza. E quando ho cominciato a sentire che alcune canzoni avevano dei rapporti intimi, dei legami, delle corrispondenze le une con le altre, come fossero parte di un unico discorso, Edo mi ha convinto a riordinarle un disco, come se riordinare le canzoni e le emozioni in esse contenute corrispondesse in maniera naturale a un momento di riordino generale delle cose. Ma questo posso dirlo solo oggi, con tutta l'insolenza dei "col senno di poi". All’inizio ci credevo poco, del resto mi ero rivolto a Edo semplicemente per prendere delle lezioni di chitarra...
Poi vedevo che le canzoni, da frammenti sparsi, stavano davvero trovando il loro posto esatto in un’opera unitaria, ed Edo ha quindi deciso di seguirmi in questo progetto, aiutandomi con la produzione, gli arrangiamenti e la registrazione in studio.
Come mai questo titolo? … così poetico.
Il primo incontro con John Keats fu un abbaglio, uno di quegli incontri di cui si può dire esserci un prima e un dopo. In una notte divorai l’oscar delle poesie, uno dei momenti di vita più intensi che io ricordi. Il mattino seguente ero a tagliare legna in montagna, e mi risuonavano in testa queste parole, oltre il cielo alberato... Il titolo dell’album era arrivato. Chiaramente, a giochi fatti, più volte sono tornato da Keats a cercare quelle parole, non le ho mai ritrovate. Ancora oggi non so se sia effettivamente una vera citazione, oppure solo il resto di una passione impressa, qualcosa simile a ciò che dice Dante a proposito di ciò che ci lasciano i sogni al mattino.
Come è stata la genesi dell’album, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Con Edoardo abbiamo lavorato per quasi un anno e mezzo su un paio di canzoni, alcune delle quali non sono nell’album, ma ciò che ci interessava era cercare una forma, una via, un modo per liberare quella voce che sentivamo già essere lì intrappolata. Poi improvvisamente, per un insieme di fattori casuali, siamo arrivati in studio per registrare. Di giorno a registrare, di notte a suonare la canzone che avremmo registrato il giorno seguente, e così via per due settimane circa. Alcune canzoni Edo le ha sentite solo una volta prima di registrarle, alcune parti le ha sentite direttamente in studio... ma non importa, avevamo lavorato sulla nostra impronta, avevamo il nostro stile, la nostra chiave.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione del disco?
Beh più di qualcuno, essendo il mio primo disco direi tutti forse. Ma ti racconto questo: la genesi realizzativa del disco è stata complessa, e fra le altre cose, non ci siamo trovati bene nello studio in cui abbiamo registrato, fu un vero e proprio disastro... quindi al termine delle registrazioni, ci siamo trovati per diversi mesi senza sapere cosa fare, come andare avanti, con chi. Ci mancava anche di registrare le voci definitive, ed eravamo ormai fuori dal budget previsto. Sempre per caso, sei mesi dopo, un altro incontro ha segnato la svolta: si è proposto di mixare il disco un grandissimo musicista come Andrea Viti, ex bassista degli Afterhours e di Fausto Rossi (Faust'o), ovvero un gruppo che avevo ascoltato molto in adolescenza, e un artista che oggi considero uno dei miei riferimenti fondamentali. Insomma, puoi capire, da perfetti sconosciuti quali eravamo, ormai molto pessimisti sul proseguo del disco, la notizia ci ha sorpreso, ero anche molto timoroso, non credevo che le canzoni potessero davvero interessargli, che fossero all’altezza; onestamente pensavo lo facesse unicamente per esigenze lavorative, per mestiere. Ma con Andrea ci siamo trovati subito, un’alchimia pazzesca. Ricorderò sempre quando ci chiamò in studio per farci sentire il premix di Il sogno di una madre, di cui dovevo registrare la voce definitiva, perché in quel momento ce n'era una cantata buona alla prima, in un giorno in cui avevo un forte attacco di sinusite e febbre. Andrea fu però irremovibile nel proibirmelo, disse che non dovevo permettermi di toccarla. Mi fece capire l'importanza della qualità espressiva, anche a discapito di quella tecnica, se caso vuole. Non la ricantai, ma mi si aprì un mondo, avevo trovato un tesoro, un amico e un’anima vicina.
Se fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Lo è. Dietro la superficie, la finzione narrativa di un viaggio di un bambino in fuga da una guerra, allegoricamente c’è la mia storia, i miei conflitti, le mie fughe e le mie conquiste. È una sorta di viaggio iniziatico, di morte, metamorfosi e rinascita. Penso che per elevarsi ci si debba approfondire, e, per poter dire qualcosa agli altri, bisogna prima guardarsi dentro, senza veli. Questo ci hanno insegnato i maestri, da Omero in poi. È ciò che mi interessa nell’arte, mettere a nudo ciò che sta sotto l’artificio, e con artificio, rivelare la propria unicità. E niente è più universale di un’unicità ben colta. Tutta qui è l’originalità di un’opera. La schiettezza dell’impresa, la capacità dello sguardo, la padronanza espressiva della resa fanno poi la qualità di quest’opera. Ecco perché loro sono i maestri, e io un povero cretino perso per strada. Ma non mi demoralizzo, non è una competizione: oltre ai maestri servono anche i compagni di viaggio, qualcuno con cui fumare la pipa, prima che la pipa ci divori. A questo servono, accanto ai classici, i minori. Quindi sono contentissimo dei risultati ottenuti dal disco, non passerà certo alla storia, tutti i giorni esce musica più bella e più interessante, ma gli incontri/scontri che ho fatto mi hanno restituito moltissimo, a livello di quello specifico umano esprimibile forse solo con l’arte. Ho nuovi compagni di viaggio, e il viaggio stesso ha cambiato orizzonti grazie alle nuove luci che lo illuminano.
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiero di Oltre il cielo alberato? … che ti sembra ideale da fare live?
No, credo che bene o male tutti i brani abbiano gli stessi pregi e gli stessi difetti. Qualche verso qua, qualche nota là, certo, posso trovarli meglio riusciti, ma in fin dei conti il livello è sempre quello.
Snowodnia Dischi, la Provincia di Trento, … chi altri in questa produzione?
Le mie tasche! A parte gli scherzi, per fortuna siamo riusciti a vincere un bando e ottenere un piccolo finanziamento dalla Provincia, altrimenti economicamente sarebbe stato molto difficile. Sul lavoro di Snowdonia, di Alberto Scotti prima e di Cinzia La Fauci poi, non so che dire, non riuscirò mai a ringraziarli a dovere. Forse hanno semplicemente fatto quello che hanno sempre fatto, e questa è la loro grandezza, che li ha portati a fare di Snowdonia una delle realtà discografiche (ma è un termine che non rende a pieno giustizia) più importanti d’Italia. Sfogliate il loro catalogo, ascoltate qualche lavoro, e capirete perché.
Copertina e progetto grafico molto interessanti. Come sono nati? Insieme al disco?
Altro incontro casuale, ma fondamentale, di quelli che segnano. Prima Edo, poi l’Amanita Produzioni di Andrea Viti e Francesco Cappiotti, poi il mondo di Snowdonia, infine Paolo Dolzan. Un altro maestro, di quelli veri, con due parole può darti un calcio in culo e toccarti l’anima insieme. Mi ha insegnato che se non dai tutto, non stai dando niente. Così nell’ascolto e nella parola, nella vita e nell’opera. Del pittore non parlo, non ne sono all’altezza. Ha ascoltato le canzoni e ha fatto i disegni, una pittura e cinque carboncini, che poi Francesco ha organizzato nel progetto grafico. Francesco, un altro grandissimo, abbiamo lavorato poco insieme, ma spesso i suoi consigli sono stati decisivi.
Come presenteresti il disco se potessi farlo dal vivo?
Beh vedremo quando ne avremo l’opportunità di farlo, ma comunque penso lo presenteremo per quel che è, un disco composto da episodi concatenati, ognuno costruito attorno ad un’emozione specifica, che speriamo a qualcuno possa interessare.
Come si trova la musica indie tra un lockdown e l’altro?
Guarda, onestamente non lo so. Non sono un artista affermato, non sono uno del giro, non conosco bene la situazione. Ho solo fatto un disco, e guardo la scena italiana da fuori, come un ascoltatore dei tanti. Ma non sono nemmeno un gran divoratore di dischi in verità, io per fare il giro a un’opera posso metterci anche settimane, mesi. E quando capita questo, significa che il disco non se ne andrà più. Quindi posso dire di aver bisogno di opere che mi permettano questo tipo di ascolto, che mi impongano un’evoluzione, di aprire canali diversi nel mio orecchio.
Mi pare che sempre di più, la musica indie italiana, lockdown o no, negli ultimi anni abbia preso una piega verso il conformismo davvero sconcertante. Conformismo spesso travestito da finta trasgressione ammiccante, da disimpegno di tono esistenzialistico finto - crepuscolare, o peggio ancora, da tutta quella pseudo-ironia autoreferenziale, che non rode e non morde niente, e non fa ridere perché, ovviamente, non può nemmeno pensare di tendere l’occhio al comico.
Per quel che mi riguarda, ultimamente sto ascoltando molto i miei compagni di etichetta, Jet Set Roger e i Deadburger, due voci vere, coraggiose. Anche loro hanno pubblicato un disco quest’anno, ma sto scavando oltre nella loro discografia: c’è da perdersi per più di qualche mese...e ci sono tesori da scoprire che valgono assolutamente il viaggio.
Un vero piacere ospitare questo disco anarchico, dice bene Odla nel presentarlo. Un esordio di un giovane di talento, che fa piacere ospitare qui in palude.
RispondiEliminaUndici canzoni che non vanno spiegate, forse, ma solo ascoltate, per capire qualcosa di noi, le nostre emozioni, sbagli, sentimenti, vita...
RispondiEliminaNuovo cantautorato italiano, molto classico (chitarra/voce, e uso ben calibrato dell'elettronica) per undici pezzi davvero incantevoli. Difficile sceglierne uno, ha ragione Odla, il livello è sempre quello.
RispondiEliminaMa da critico rock non posso esimermi dal dire qualcosa di più sulle canzoni dell'album, dire cosa ci vedo io. Al fuoco di lun è un brano molto poetico. Un voce/chitarra con il giusto ritmo per rendere le emozioni di una notte. Tutto in una notte.
RispondiEliminaAll'alba una terra ricorda il modo di cantare, di esprimersi, di un certo Giovanni Lindo Ferretti. Anche la tematica, probabilmente. Ma anche la seguente Pane e catene.
RispondiEliminaIncantevole anche Vorrei parlare con le città: giri di chitarra, giochi di elettronica per una canzone d'amore senza rime baciate. Non vorrei esagerare, ma mi ricorda De André.
RispondiEliminaMa anche la seguente Terra che senti, pezzo che si dispiega in modo magnifico, un classico senza tempo della canzone italiana. Il moog a fare magie, accanto alla semplice voce/chitarra.
RispondiEliminaMa anche il pezzo che chiude l'album ha del classico senza tempo, in parte caposselliano. S'intitola san Giuseppe da Copertino e ha uno slancio, una certa melodia, che non scordi, che non lascia indifferenti.
RispondiEliminaUn disco di emozioni Oltre il cielo alberato. Bravo Odla.
RispondiEliminaE' importante saper ascoltare in un mondo come quello di oggi dove pochi ascoltano veramente gli altri, o la musica. Un salutone e buona pasqua
RispondiEliminaBen detto accadebis.
RispondiEliminaNon festeggio pasqua, ma accetto il salutone e anche gli auguri.
Buona primavera a te.