Pagine

domenica 15 marzo 2020

In palude con Hibou Moyen


NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE Pop/rock con influenze folk e psichedeliche
DOVE ASCOLTARLO YouTube, Spotify
LABEL Private Stanze
PARTICOLARITA’ Registrazione e mix in analogico
CITTA’ Colline metaliffere
DATA DI USCITA 21 Febbraio 2020
L’INTERVISTA
Come è nato questo nuovo disco, Lumen?
Ogni nuovo disco è la prosecuzione di un percorso e di una necessità interiore rivolti a nuove declinazioni. Nonostante Lumen abbia radici comuni con i precedenti lavori, trovo che sia profondamente diverso da quello che ero e apra delle porte che erano ancora socchiuse.
Perché l’hai intitolato così?
Il Lumen è l’unità di misura del flusso luminoso. Solo un titolo così luminoso poteva abbracciare questi brani.
Come è stata la genesi dell’album, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Lumen è la terza tappa di un percorso di scrittura e quindi non ha una genesi diversa dai precedenti lavori, tutto inizia con l’esigenza di scrivere canzoni. Una volta scritti alcuni pezzi ho capito e deciso in quale territorio sonoro dovevo attingere per dar loro la veste finale. Quello che desideravo per Lumen era una commistione tra un suono sixty con una venatura psichedelica con gli strumenti che lo caratterizzano e che amo, come il piano rhodes e il mellotron, l’attitudine di un certo tipo di musica dei ‘90 e il cantautorato italiano della vecchia scuola, Endrigo e Tenco tra i primi. A differenza dei precedenti dischi ho lavorato molto anche in fase di arrangiamento con i musicisti che mi seguono e che adesso fanno parte del contenitore Hibou moyen (Nico Pistolesi, Giuliano Franchi e Stefano Giuggioli) potendo, anche grazie a loro, realizzare l’amalgama sonoro che avevo in testa, lasciando loro lo spazio per apportare il proprio contributo artistico. Gli scheletri delle comete e Ogni buio sono due brani scritti a più mani con Nico e Giuliano ad esempio. In fase di registrazione e mixaggio mi sono rivolto ad Andrea “Duna” Scardovi con cui avevo già collaborato in Fin dove non si tocca affidandomi alla sua professionalità e pazienza. Amando il calore dell’analogico abbiamo usato tutti strumenti vintage registrandoli su nastro, voce inclusa, e persino molti effetti nel mix lo sono. Ad esempio i riverberi del piano e della voce sono stati creati ripassando le tracce, attraverso un trasduttore, in un “primitivo” riverbero a molla ottenendo un calore e una profondità dal gusto retrò.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione di Lumen?
I ricordi e gli aneddoti sono molti ma parlerei di sensazioni più che di ricordi. Ho scritto molti brani per Lumen, è stato un momento di creatività molto fervido, poi ho scelto quelli che meglio rappresentavano un continuum narrativo e sonoro, sia per una volontà artistica che per mancanza di risorse economiche. Produrre un disco suonato con strumenti veri costa molto e se non hai finanziatori alle spalle non puoi permetterti grandi slanci. Sono molto orgoglioso del risultato finale, soprattutto considerando che tutti gli strumenti e la voce li abbiamo registrati in quattro giorni e mixati in altri quattro. Una vera e propria gara a staffetta.
Le poche risorse rischiano di appiattire l’interiorità della fase di scrittura e il processo di produzione in studio, ma Lumen aveva una sua struttura forte e la professionalità e la competenza di chi ci ha suonato sono riuscite a contrastare questi limiti. Inoltre è intervenuto Emanuele Biggi, caro amico e collega naturalista che presenta Geo, finanziando il progetto, che ha reso possibile il risultato che puoi ascoltare.
Se  fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
No, non è un concept-album. Ogni canzone ha una sua identità precisa e bastevole a se stessa, ma il suono crea un continuum che rappresenta il filo rosso che lega gli undici brani.
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiero dell’intero disco? … che ti piace di più fare live?
Sono molto legato a Uragano, il primo brano che ho scritto per Lumen, Ruggine dei campi e La preghiera dei lupi, dove ritorna la mia vena folk, e Avaria. Dal vivo mi divertono molto Avaria e Bambina vipera. Ruggine dei campi è forse il brano che più amo per quello che rappresenta per me. Serotonina invece è un brano a cui tengo particolarmente che descrive un mio vissuto profondo. Il senso di inadeguatezza è il male di questi tempi e si materializza come uno spettro di angosce che, sole, colmano i periodi bui delle esistenze più fragili. Avendo vissuto sulla mia pelle l’esperienza degli attacchi di panico ho scritto questo brano per esorcizzare una pena che non trova mai conforto nelle parole. Il grido liberatorio finale chiude il cerchio.
Private Stanze ancora una volta a produrre. Non riesco a immaginarti con un’altra etichetta. E tu? Altre realtà dietro a Lumen da citare?
Con Luca Spaggiari, il fondatore dell’etichetta, siamo amici e non abbiamo bisogno di arrivare a compromessi quindi avrei preteso di uscire con la compartecipazione di Private Stanze anche se mi avesse offerto un contratto la Parlophone. (ride) Del resto non essendo una musica modaiola non c’era la fila delle etichette per accaparrarselo.
Copertina inedita: non c’è un disegno o una foto di un paesaggio, ma un uomo di profilo. Sei tu? Come è nata questa copertina?
Sì, sono io. Ho sempre pensato che arrivato al terzo disco ci avrei messo la faccia e così ho fatto. Avevo varie prove di copertina, ma alla fine sono tornato all’idea iniziale della foto e così è stato. Matteo Bencini, caro amico e grafico con cui lavoro da anni, ha fatto il resto.
Come presentate dal vivo il disco?
Dal vivo presentiamo il disco in formazione modulare a seconda delle esigenze. Non è facile portare in giro un album in formazione completa, è un problema comune alle band indipendenti. I brani però hanno un’ottima resa in quattro, in duo e in solo. Del resto sono nati con chitarra e voce.
Altro da dichiarare?
...
 

9 commenti:

  1. Piacere ospitare in palude amici musicanti come Hibou Moyen, qui al terzo passaggio con il terzo disco, Lumen, forse il suo disco migliore ...

    RispondiElimina
  2. Anzi, senza forse: il suo disco migliore, senza se e senza ma ... 11 bei pezzi di rock vintage, acido e forte, con chitarre, hammond, e una voce cattiva a cantare cose piacevolmente sconce in italiano.

    RispondiElimina
  3. Undici pezzi che mi prendono bene a partire da Uragano, primo singolo, pop psichedelico molto fab four, per passare a Gli scheletri delle comete (che bel titolo), piacevole beat dal testo sfrontato e Bambina vipera, altro testo sfrontato con ottimi intrecci piano e hammond.

    RispondiElimina
  4. Che dire di Ogni buio, gran intro chitarra/piano e una voce ispiratissima per un folk-rock intenso, con un testo a metà strada tra Bukowski e Tenco?

    RispondiElimina
  5. Che dire di L'eruzione, inno alla rivoluzione cantato al piano, surreale e iconoclasta con un testo da mandare a memoria e una melodia che prende?

    RispondiElimina
  6. Che dire Era estate omaggio a Sergio Endrigo per una canzone d'amore senza tempo con chitarre, violini, organi e tanta, tanta malinconia?

    RispondiElimina
  7. Ma vi potevo citare anche Ruggine nei campi, Serotonina, Martha, Avaria, La preghiera dei lupi, cioè tutto il disco.

    RispondiElimina
  8. Consiglio spassionato: rimante chiusi dentro e ascoltatelo bene ... poi, quando sarà possibile uscire, cercate di prenderlo vivo.

    RispondiElimina

AAAATenzione, il captcha (il verificaparole) è finto, non serve immetterlo. Dopo il vostro commento, cliccate direttamente su PUBBLICA COMMENTO. Se siete commentatori anonimi, mi dispiace, dovete scrivere il captcha ...