NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE
Cantautorato western-prog
DOVE
ASCOLTARLO
LABEL Marjucha
Sound
PARTICOLARITÀ
Capelli mori, occhi scuri, canzoni blu.
CITTÀ Verona
L’INTERVISTA
Come è nato il vostro primo EP?
Matteo: “L’ep è nato da una
serie di canzoni che ho scritto fra il 2013 e il 2016, rimaste nel cassetto per
anni... finché grazie all’incontro con Chiara e poi con Carlotta e Giovanna il
progetto ha preso forma.”
Carlotta: “E dalla voglia di
portare un po’ a spasso le canzoni di Matteo, che abbiamo scoperto gradualmente
e nutrito con tante ore in sala prove. L’Abat-jour ci ha accesi e trascinati
fuori dalla saletta fino allo studio di registrazione di Duck Chagall. Da lì si
è radicata la decisione di andare avanti e credere in questo progetto, di
investire tempo e attenzione nelle canzoni, di salvarle dalle sabbie mobili
della memoria e darle in pasto a un supporto fisico, un bel cd da portare
sempre in macchina o (meglio) in bicicletta. Il nostro ep è una Abat-jour da
viaggio.”
Perché nessun titolo? …per
dire: noi siamo le nostre canzoni?
Carlotta: “Credo per vari motivi: perché l’ep è una
sorta di presentazione e quel che più ci rappresenta sono le canzoni stesse.
Perché non c’era l’intenzione né il bisogno di valorizzare maggiormente un
brano rispetto agli altri. Perché non avevamo un concept specifico da
incastonare nel disco. I Fontanablu sono per ora quelle canzoni e tante altre che
nel frattempo stanno fluendo, fresche fresche.”
Come è stata la genesi del
disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Carlotta: “Il disco è nato suonando e sperimentando...
In origine fu Matteo, con la sua chitarra acustica e le sue derive psych western.
Chiara venne poco dopo, comunque da tempi immemori, con la sua chitarra
classica, i suoi arpeggiati intensi e pieni di colori. Quando l’impasto sembrava
perfetto (e probabilmente lo era), è arrivata la batteria a sconvolgere tutto,
a scuotere e schematizzare, in uno strano gioco contradditorio. Mancava ancora
qualcosa e lì è arrivata Giovanna, con le sue mani da pianista che hanno
toccato per la prima volta una tamarrissima tastiera dai suoni anni ottanta. Il
nuovo spirito ha portato all’introduzione del basso, primo ed entusiastico
approccio elettrico di Chiara, che si è rivelata anche bassista tosta e groovosa.”
Qualche episodio che è rimasto
nella memoria durante la lavorazione dell’album?
Carlotta: “Per la copertina dell’album ci siamo rivolti a
una cara amica e validissima a fotografa a Milano, Alessandra Canteri. Stabiliti
il giorno e l’orario per le foto, lei si svegliò alle prime luci dell’alba, prese
il treno da Milano e ci raggiunse. Ma grazie al nostro esclusivo contributo, partimmo
molto tardi da Verona, dove abitiamo, in direzione Jesolo, dove avremmo cercato
una spiaggia decadente per farci fotografare in "stile nouvelle vague,
malinconico ma demenziale, con quel tocco tamarro ma non troppo, senza che sia
hipster… capito?". Prossimi all’obiettivo alle 14:30 e molto affamati, cercammo
un ristorante. Dopo innumerevoli rifiuti, cucine chiuse, telefoni staccati e
insegne spente ci accolse lei, Arianna, coi suoi modi ruvidi, la voce profonda
e una pasta alle vongole abbondantissima. Finì che banchettammo e ci ritrovammo
in spiaggia ben più tardi del previsto – e purtroppo quel giorno c’era il
cambio dell’ora, quindi il sole sarebbe sceso in anticipo. Fu così che la
nostra eroica fotografa, sazia di vongole, riuscì a realizzare un intero
servizio nell’arco di una sola stringatissima ora, scattando indefessa fino
all’ultima goccia di luce. Per fortuna c’è un lieto fine, perché le foto, solo grazie
ad Alessandra, sono molto belle.”
Se il vostro EP fosse un
concept su cosa sarebbe? … anche a posteriori?
Carlotta: “Secondo me il concept sarebbe ‘stagioni’. La
stagione dell’amore viene e va. Ma le stagioni vere e proprie non esistono - almeno
in sala prove. Suoniamo in una saletta minuscola, in cui esistono solo
temperature estreme: o si gela, ci si intirizzisce, si battono i denti; oppure
si suda e trasuda il proprio intero essere. Le nostre canzoni sono forgiate da
temperature estreme: sono state cotte, fermentate, surgelate, abbrustolite e
ampiamente stagionate. Le sottoponiamo a questo trattamento sperando che durino
nel tempo e che, almeno loro, resistano al surriscaldamento globale.”
C’è qualche pezzo che preferite?
Qualche pezzo del quale andate più fiere/i dell’intero disco? … che vi piace di
più fare live?
Matteo: “Personalmente Coperta Rossa, nel suo
connubio tra ironia, relazioni che vanno affanculo e tono godereccio è la mia
preferita”.
Carlotta: “Su una cosa concordiamo: il balsamo. In scaletta
abbiamo una canzone per tutti impegnativa da suonare, non per niente si chiama Ansia da lavoro. Segue sempre però Come quando fuori piove, una canzone
dalla cadenza lenta, rilassante, curativa per le nostre membra e voci stanche,
assolutamente balsamica.”
Come è stato produrre il disco? Chi più vicino dal
punto di vista produttivo?
Giovanna: “Abbiamo registrato
in due studi diversi, con approcci diversi. Da un lato, Francesco Ambrosini ci
ha lasciati liberi, indirizzandoci allo stesso tempo grazie alla sua esperienza
professionale. Dall’altro, abbiamo costruito le tracce a poco a poco, seguendo
linee più casalinghe. Per adesso, possiamo dire di essere ancora alla ricerca
della giusta resa, spinti da un comune desiderio di fedeltà al suono nudo e crudo.
L’ambizione forse è l’analogico.”
Copertina molto vintage, con
voi quattro a coprirvi il volto con i vostri strumenti, in spiaggia, di fronte
a un albergo a Jesolo… Come è nata? Chi l’autore?
Carlotta: “Parte della storia la sai già così come l’identità
dell’autrice, Alessandra Canteri. Volevamo che la copertina rappresentasse una
suggestione, un’atmosfera. Così ne abbiamo parlato con Alessandra: oltre ad
affidarle questo compito impossibile, abbiamo provveduto, con grande impegno, a
confonderla. Per tutto il tragitto Verona – Jesolo l’abbiamo bombardata di
input contrastanti, idee strampalate, immagini di film, “guarda che figo questo”,
“nelle foto deve esserci qualcosa di tamarro come la nostra tastiera”, “che non
venga però alla Wes Anderson”, “cosa ne diresti di un luna park” e “abbiamo
anche delle canzoni western”. Alla fine Alessandra ha preso una bella idea di
Matteo e l’ha resa corale, sviluppandola con poesia. Nella copertina c’è anche
lo zampino di Andrea Brignoli, che ci ha aiutati con la grafica.”
Come presentate dal vivo il
disco?
Carlotta: “Prendiamo la sala prove, la spostiamo sul
palco (quando c’è) e suoniamo, condendo il tutto con le presentazioni di Matteo
e qualche battuta. Il nostro solo cruccio rimane la posizione di Chiara, che
suona tanto bene e comodamente da seduta, ma che il nostro pubblico vuole
scomodamente in piedi. Chi vincerà?”
Giovanna: “Io penso che Chiara sia come João Gilberto e
possa suonare seduta tutta la vita.”
Gran piacere avere in palude questa nuova formazione della mia città: 3 ragazze e 1 ragazzo, provenienti da altre esperienze nel corso degli ultimi 10/15 anni.
RispondiEliminaEsperienze musicali dell'underground più fecondo, a volte incrociato qui in palude o in altri contesti: C+C= Maxigross, , Orchestra Interculturale Mosaika, Klein Blu, Korg ...
RispondiEliminaPresentano qui il loro primo ep, che appena ho ascoltato ho pensato: che gioiellino devo farlo mio e parlarne in palude".
RispondiEliminaSono solo sei pezzi, ma tutti molto apprezzabili a partire dai due strumentali messi all'inizio: Sol cullante prog-western (come dicono nella presentazione del disco), e Fermo, che non è una cover degli Offlaga Disco Pax, ma un pezzo dalla gran vibra, ancora più prog-western del precedente; magico, anzi psyco-magico (piacerebbe al grande Alejandro Jodorowski).
RispondiEliminaMa anche con il cantato non solo male, a partire dall'ironia che si sposa con la poesia in Ansia da lavoro, pezzo dai ritmi spagnoleggianti, danzereccio, intimo e vero.
RispondiEliminaAbat-Jour è il pezzo dal quale è cominciato tutto, dicono nell'intervista, e non è difficile capire il perché... bozzetto minimalista con tastiere in primo piano.
RispondiEliminaMa anche Coperta Rossa, divertente e intimo omaggio a una coperta rossa (oggetto molto attuale in questi giorni) e Parigi che chiude l'ep, mi piacciono molto.
RispondiEliminaQuest'ultima, molto pischedelica, ricorda certi momenti dilatati dei Velvet Underground.
RispondiElimina...e con questo ho detto tutto. Anzi no, spero di sentire molte altre canzoni dei Fontanablu, magari un domani anche live!
RispondiEliminaBella intervista, ma avrei preferito qualche domanda in più a Matteo che è l'autore dei pezzi. Urge intervista riparatoria secondo me, Signor Alligatore!
RispondiEliminagrazie per questa informazione
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