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sabato 28 marzo 2020

In palude con i Fontanablu

 
NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO

GENERE Cantautorato western-prog

DOVE ASCOLTARLO 

LABEL Marjucha Sound

PARTICOLARITÀ Capelli mori, occhi scuri, canzoni blu.


CITTÀ Verona

DATA DI USCITA 02.02.2020

L’INTERVISTA

Come è nato il vostro primo EP?

Matteo: “L’ep è nato da una serie di canzoni che ho scritto fra il 2013 e il 2016, rimaste nel cassetto per anni... finché grazie all’incontro con Chiara e poi con Carlotta e Giovanna il progetto ha preso forma.”

Carlotta: “E dalla voglia di portare un po’ a spasso le canzoni di Matteo, che abbiamo scoperto gradualmente e nutrito con tante ore in sala prove. L’Abat-jour ci ha accesi e trascinati fuori dalla saletta fino allo studio di registrazione di Duck Chagall. Da lì si è radicata la decisione di andare avanti e credere in questo progetto, di investire tempo e attenzione nelle canzoni, di salvarle dalle sabbie mobili della memoria e darle in pasto a un supporto fisico, un bel cd da portare sempre in macchina o (meglio) in bicicletta. Il nostro ep è una Abat-jour da viaggio.”

Perché nessun titolo? …per dire: noi siamo le nostre canzoni?

Carlotta: “Credo per vari motivi: perché l’ep è una sorta di presentazione e quel che più ci rappresenta sono le canzoni stesse. Perché non c’era l’intenzione né il bisogno di valorizzare maggiormente un brano rispetto agli altri. Perché non avevamo un concept specifico da incastonare nel disco. I Fontanablu sono per ora quelle canzoni e tante altre che nel frattempo stanno fluendo, fresche fresche.”

Come è stata la genesi del disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?

Carlotta: “Il disco è nato suonando e sperimentando... In origine fu Matteo, con la sua chitarra acustica e le sue derive psych western. Chiara venne poco dopo, comunque da tempi immemori, con la sua chitarra classica, i suoi arpeggiati intensi e pieni di colori. Quando l’impasto sembrava perfetto (e probabilmente lo era), è arrivata la batteria a sconvolgere tutto, a scuotere e schematizzare, in uno strano gioco contradditorio. Mancava ancora qualcosa e lì è arrivata Giovanna, con le sue mani da pianista che hanno toccato per la prima volta una tamarrissima tastiera dai suoni anni ottanta. Il nuovo spirito ha portato all’introduzione del basso, primo ed entusiastico approccio elettrico di Chiara, che si è rivelata anche bassista tosta e groovosa.”

Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione dell’album?

Carlotta: “Per la copertina dell’album ci siamo rivolti a una cara amica e validissima a fotografa a Milano, Alessandra Canteri. Stabiliti il giorno e l’orario per le foto, lei si svegliò alle prime luci dell’alba, prese il treno da Milano e ci raggiunse. Ma grazie al nostro esclusivo contributo, partimmo molto tardi da Verona, dove abitiamo, in direzione Jesolo, dove avremmo cercato una spiaggia decadente per farci fotografare in "stile nouvelle vague, malinconico ma demenziale, con quel tocco tamarro ma non troppo, senza che sia hipster… capito?". Prossimi all’obiettivo alle 14:30 e molto affamati, cercammo un ristorante. Dopo innumerevoli rifiuti, cucine chiuse, telefoni staccati e insegne spente ci accolse lei, Arianna, coi suoi modi ruvidi, la voce profonda e una pasta alle vongole abbondantissima. Finì che banchettammo e ci ritrovammo in spiaggia ben più tardi del previsto – e purtroppo quel giorno c’era il cambio dell’ora, quindi il sole sarebbe sceso in anticipo. Fu così che la nostra eroica fotografa, sazia di vongole, riuscì a realizzare un intero servizio nell’arco di una sola stringatissima ora, scattando indefessa fino all’ultima goccia di luce. Per fortuna c’è un lieto fine, perché le foto, solo grazie ad Alessandra, sono molto belle.”

Se il vostro EP fosse un concept su cosa sarebbe? … anche a posteriori?

Carlotta: “Secondo me il concept sarebbe ‘stagioni’. La stagione dell’amore viene e va. Ma le stagioni vere e proprie non esistono - almeno in sala prove. Suoniamo in una saletta minuscola, in cui esistono solo temperature estreme: o si gela, ci si intirizzisce, si battono i denti; oppure si suda e trasuda il proprio intero essere. Le nostre canzoni sono forgiate da temperature estreme: sono state cotte, fermentate, surgelate, abbrustolite e ampiamente stagionate. Le sottoponiamo a questo trattamento sperando che durino nel tempo e che, almeno loro, resistano al surriscaldamento globale.”

C’è qualche pezzo che preferite? Qualche pezzo del quale andate più fiere/i dell’intero disco? … che vi piace di più fare live?

Matteo: “Personalmente Coperta Rossa, nel suo connubio tra ironia, relazioni che vanno affanculo e tono godereccio è la mia preferita”.

Carlotta: “Su una cosa concordiamo: il balsamo. In scaletta abbiamo una canzone per tutti impegnativa da suonare, non per niente si chiama Ansia da lavoro. Segue sempre però Come quando fuori piove, una canzone dalla cadenza lenta, rilassante, curativa per le nostre membra e voci stanche, assolutamente balsamica.”

Come è stato produrre il disco? Chi più vicino dal punto di vista produttivo?

Giovanna: “Abbiamo registrato in due studi diversi, con approcci diversi. Da un lato, Francesco Ambrosini ci ha lasciati liberi, indirizzandoci allo stesso tempo grazie alla sua esperienza professionale. Dall’altro, abbiamo costruito le tracce a poco a poco, seguendo linee più casalinghe. Per adesso, possiamo dire di essere ancora alla ricerca della giusta resa, spinti da un comune desiderio di fedeltà al suono nudo e crudo. L’ambizione forse è l’analogico.”

Copertina molto vintage, con voi quattro a coprirvi il volto con i vostri strumenti, in spiaggia, di fronte a un albergo a Jesolo… Come è nata? Chi l’autore?

Carlotta: “Parte della storia la sai già così come l’identità dell’autrice, Alessandra Canteri. Volevamo che la copertina rappresentasse una suggestione, un’atmosfera. Così ne abbiamo parlato con Alessandra: oltre ad affidarle questo compito impossibile, abbiamo provveduto, con grande impegno, a confonderla. Per tutto il tragitto Verona – Jesolo l’abbiamo bombardata di input contrastanti, idee strampalate, immagini di film, “guarda che figo questo”, “nelle foto deve esserci qualcosa di tamarro come la nostra tastiera”, “che non venga però alla Wes Anderson”, “cosa ne diresti di un luna park” e “abbiamo anche delle canzoni western”. Alla fine Alessandra ha preso una bella idea di Matteo e l’ha resa corale, sviluppandola con poesia. Nella copertina c’è anche lo zampino di Andrea Brignoli, che ci ha aiutati con la grafica.”

Come presentate dal vivo il disco?

Carlotta: “Prendiamo la sala prove, la spostiamo sul palco (quando c’è) e suoniamo, condendo il tutto con le presentazioni di Matteo e qualche battuta. Il nostro solo cruccio rimane la posizione di Chiara, che suona tanto bene e comodamente da seduta, ma che il nostro pubblico vuole scomodamente in piedi. Chi vincerà?”

Giovanna: “Io penso che Chiara sia come João Gilberto e possa suonare seduta tutta la vita.”

11 commenti:

  1. Gran piacere avere in palude questa nuova formazione della mia città: 3 ragazze e 1 ragazzo, provenienti da altre esperienze nel corso degli ultimi 10/15 anni.

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  2. Esperienze musicali dell'underground più fecondo, a volte incrociato qui in palude o in altri contesti: C+C= Maxigross, , Orchestra Interculturale Mosaika, Klein Blu, Korg ...

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  3. Presentano qui il loro primo ep, che appena ho ascoltato ho pensato: che gioiellino devo farlo mio e parlarne in palude".

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  4. Sono solo sei pezzi, ma tutti molto apprezzabili a partire dai due strumentali messi all'inizio: Sol cullante prog-western (come dicono nella presentazione del disco), e Fermo, che non è una cover degli Offlaga Disco Pax, ma un pezzo dalla gran vibra, ancora più prog-western del precedente; magico, anzi psyco-magico (piacerebbe al grande Alejandro Jodorowski).

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  5. Ma anche con il cantato non solo male, a partire dall'ironia che si sposa con la poesia in Ansia da lavoro, pezzo dai ritmi spagnoleggianti, danzereccio, intimo e vero.

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  6. Abat-Jour è il pezzo dal quale è cominciato tutto, dicono nell'intervista, e non è difficile capire il perché... bozzetto minimalista con tastiere in primo piano.

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  7. Ma anche Coperta Rossa, divertente e intimo omaggio a una coperta rossa (oggetto molto attuale in questi giorni) e Parigi che chiude l'ep, mi piacciono molto.

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  8. Quest'ultima, molto pischedelica, ricorda certi momenti dilatati dei Velvet Underground.

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  9. ...e con questo ho detto tutto. Anzi no, spero di sentire molte altre canzoni dei Fontanablu, magari un domani anche live!

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  10. Bella intervista, ma avrei preferito qualche domanda in più a Matteo che è l'autore dei pezzi. Urge intervista riparatoria secondo me, Signor Alligatore!

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