NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE Alternative/Electro-Rock
DOVE ASCOLTARLO Spotify
LABEL Domus Vega
PARTICOLARITA’
CITTA’ Isola Del Liri
L’INTERVISTA
Come è nato Wires?
Wires nasce come naturale evoluzione della nostra proposta artistica,
trascinando con sé tutto il percorso fatto. Infatti pur racchiudendo tre brani
di vecchia data, e sette più recenti, la continuità stilistica rende
impossibile notare la differenza. E’ a tutti gli effetti, in quanto primo album
ufficiale, il nostro manifesto.
Perché questo titolo? Cosa significa?
Wires
significa fili, connessioni. Il brano che ha dato il titolo all’album parla di
legami invisibili e al contempo indissolubili che si intrecciano creando
l’arazzo della nostra vita. Proprio perché tutto può converge in questo
groviglio, Wires è diventato il
titolo più rappresentativo per un album composto da brani e tematiche molto eterogenei.
Come è stata la genesi dell’album, dall’idea iniziale alla sua
realizzazione finale?
Ci sono voluti due anni per la
produzione di Wires, dalla stesura al
master. Ma ne sono occorsi circa dieci per lo sviluppo del linguaggio musicale
che lo caratterizza. Difficile stabilire un punto di inizio, e anche la fine ha
confini molto labili; perché ancora a oggi, a disco chiuso e in uscita, stiamo
lavorando ai videoclip dei brani, e in un certo qual modo ancora non abbiamo
messo un punto a tutto il processo artistico e produttivo.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione del
disco?
Valerio che campiona le fusa del suo gatto per poi usarle come loop nel
brano Felina.
Se Wires fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Wires pur non
essendo un concept album, è un inno alla vita, all’esistenza nelle sue più
svariate manifestazioni, che in un modo o nell’altro sono tutte interconnesse,
e ognuna delle quali può assurgere al ruolo di simbolo. Attraverso le
trasposizioni metaforiche dei testi, l’intero album è “ un tiro alla fune fra
la Terra e le stelle ” come recita la title track.
C’è qualche pezzo che preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri dell’intero
disco? … che vi piace di più fare live?
Fino ad oggi abbiamo scritto solo canzoni altamente ispirate (infatti solo oggi
usciamo con un primo album) e le abbiamo lavorate tutte con la stessa passione,
quindi è impossibile esprimere una preferenza. Stesso discorso vale per il
live: mentre brani più tirati come The
Hopscotch, Faster Trasmission o Memento sono estremamente esaltanti da
suonare, altri come Event Horizon, Felina o Wires ci trasportano in un mood più emotivo e sinuoso durante
l’esecuzione. La cosa che più ci piace durante il live è proprio oscillare fra
questi due mondi.
Come è stato produrre Wires? Chi più vicino dal punto di vista
produttivo?
Durante la stesura del disco,
entrare in studio sanciva l’ingresso in un portale in cui il tempo si fermava,
mettendo in pausa tutti i nostri trascorsi individuali, potendo così immergerci
in una condizione che prescindeva dalla routine, dall’io, dal caos della
quotidianità, a favore di uno sguardo più quieto e puro sul mondo e su noi
stessi.
Eravamo tutti lì senza distrazioni, concentrati su un
unico concetto, caricandolo di significato e concretizzando così un’idea in
musica. E’ stato un privilegio poter vivere questa condizione.
Copertina molto particolare, con il titolo in primo piano. Come è stata
pensata e realizzata? Anche questa è stata concepita in modo del tutto
naturale. E’ stato facile visualizzare le ramificazioni di Wires, apparentemente caotiche, che convergevano e delineavano qualcosa
di tangibile e concreto, addirittura leggibile. Per la realizzazione ci siamo
affidati a un modellatore 3D.
Come presentate dal vivo il disco?
Il disco dal vivo viene presentato nella sua interezza, con lo stesso
sound, ma una carica energetica ed emotiva maggiore, perché è forse solo nel
live che Wires trova veramente la sua
chiusura.
Altro da dichiarare?
Wires trascina con sé le persone coinvolte in passato come Giovanni Macioce
(chitarra) e Luigi Sardellitti (basso) e quelle che sono entrate
successivamente come Marco Mizzoni che, oltre ad essere il nuovo chitarrista
della band, ha collaborato all’ultima parte della produzione artistica.
Per nostra grande fortuna e per
merito della musica contenuta nell’album abbiamo potuto affidare la produzione
dei videoclip alla maestria di Giorgio Gerardi, videomaker d’eccezione, che ha
saputo cogliere pienamente il linguaggio espressivo dei Random Clockwork e
trasporlo su un piano visivo di cui siamo pienamente entusiasti.
Esordio particolare questo dei Random Clockwork, band fuori dal mucchio, che conquista per la sua graniticità.
RispondiEliminaEsordio maturo dopo una collaborazione di circa dieci anni ... perfezionismo invidiabile e importante da sapere.
RispondiEliminaLe dieci canzoni del disco non nascono quindi dal nulla, non sono improvvisate.
RispondiEliminaSono dieci pezzi pompanti, dance-elettronici di ecologia per il corpo e la mente.
RispondiEliminaIl mio preferito è proprio Wires che ha dato il titolo all'album stesso ... lirico, intenso, psichedelico, per ricordarci le nostre interconnessioni.
RispondiEliminaBello anche Memento, con la voce al massimo un certo ritmo e una certa elettricità e voglia di ballare, accompagnati da buone dosi di malinconia.
RispondiEliminaInteressante anche Macula, pezzo teso e tosto, dal ritmo strano, tra giochini elettronici e di voce per un pezzo psicotico e ipnotico, buono per un film di Dario Argento (Goblin?)
RispondiEliminaMa è filmica anche Event Horizon, con ancora la voce al massimo per un pezzo molto anni '80, a suo modo Moroder-style.
RispondiEliminaInsomma, mi avete capito che musica è ... e se non l'avete capito provate a sentirla attraverso i link indicati.
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