NOTE
SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE
Indie folk con una punta di americana
LABEL
Fono Bisanzio
PARTICOLARITA’
Il suono e Me
CITTA’
Palermo
L’INTERVISTA
Come
è nato Saudagorìa?
Come
tutti i dischi, è stata una gestazione ricca di attesa. Ho esaminato con la
direzione artistica una serie di brani scritti nel tempo, scegliendone poi 10
che avessero un vestito comune nei concetti e nei possibili arrangiamenti. Non
si è dovuto riflettere poi tanto, ci siamo trovati subito d'accordo nella
scelta; abbiamo limato ben poco.
Perché
questo titolo? … cosa vuol dire?
Saudagorìa è la crasi tra la parola brasiliana
"saudade" (nostalgia, mancanza) e "allegoria", allegoria
della mancanza: un concetto che incarna tutto il disco dando però una
suggestione che sa di Bahia e bossanova. Mi piace quello stato d'animo, mi ci
ritrovo molto.
Come
è stata la genesi dell’album, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Più
o meno ho spiegato nelle domande precedenti. Ho contattato Michele Gazich e
Marco Corrao (col quale avevo già lavorato) per avere dei compagni di viaggio
che con la loro arte arricchissero la mia musica e così è stato. Attraverso
sperimentazioni e grande rispetto abbiamo creato un disco di cui andare fieri.
Qualche
episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione del disco?
Ogni
giorno è stato ricco di stupore, allegria, stanchezza e musica. Quando si
registra un disco, è come se la vita e i sensi fossero amplificati concedendoti
di immergerti in una dimensione profonda e propria che si plasma con il passare
dei minuti. Vita concentrata. È stato bellissimo cantarlo, suonarlo e vedere
come veniva "fatto" anche dai miei colleghi.
Saudagorìa potrebbe essere un concept-album? …
anche a posteriori …
È
una presa di posizione nel mondo che ci circonda, una direzione di riflessione
e osservazione. Mi trovo d'accordo sull'a
posteriori.
C’è
qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiera dell’intero
disco? … che ti piace di più fare live?
Sono
stupita nel rispondere che realmente mi piacciono tutti. Mi consentono di
sperimentare delle interpretazioni differenti in quanto trattano concetti
differenti e diversi aspetti della vita: un po’ come se interpretassi diversi
ruoli di una pièce teatrale.
A
produrre Fono Bisanzio. Come è nata questa collaborazione? Come ti sei trovata con
loro? Altri nomi da citare attorno al disco …
Michele
Gazich è un gigante in questo campo. La sua produzione insieme a Marco Corrao
mi ha messa a mio agio e consentito di tirar fuori me stessa senza edulcoranti.
Ciò ha reso possibile un disco che sa di verità, di vita. Posso citare anche
Ottavio Leo, il fonico che ci ha seguito in studio, che è stato splendido e
paziente, oltre che tanti amici dal grande talento e bravura come Valeria
Graziani e Mimì Sterrantino. Sono onorata di aver avuto il loro affetto e
presenza nella mia musica.
In
copertina una donna, probabilmente tu stessa, che guarda un bosco autunnale.
Come è stata scelta la foto? Dove l’avete fatta? …
Sono
io quella donna e la fotografia è stata scattata da Valeria Graziani a Piano
Battaglia, un luogo sulle Madonie in Sicilia al quale sono molto legata. Quella
immagine è stata pensata così per dare anche un volto emotivo al disco. Niente
come quei colori mi rappresenta di più.
Come
presenti dal vivo il disco?
Mi
esibisco in trio con i miei produttori artistici che si vestono da band per
l'occasione. Io alla chitarra e la voce, Marco Corrao alle chitarre elettriche
ed effetti e Michele Gazich con la viola e violino. È capitato anche che mi
esibissi con Mimì Sterrantino al mandolino e Antonio Putzu ai fiati.
Altro
da dichiarare?
Dichiaro
di aver messo verità in questo disco. Parla di ognuno di noi e ogni essere
umano può ritrovare un pezzo di sé al suo interno. È una scommessa e un
percorso diverso per ognuno di noi ma perfettamente navigabile. Consiglio di
provare. Per le lingue che non capite, tranquilli! C'è la traduzione.
Piacere ospitare in palude Sara Romano, con questo disco romantico e autunnale fin dai colori della copertina, Saudagorìa, sorta di saudade e allegoria.
RispondiEliminaSi sente questo molto nei suoni, nelle parole e nel cantato della voce di Sara, usata spesso come uno strumento musicale.
RispondiEliminaLo si sente maggiormente in pezzi come Nella neve, con suoni e parole decisamente malinconici, come nella title-track, ovviamente ... sono i due pezzi che aprono ottimanente l'album.
RispondiEliminaAltro pezzo di un'intensità forte, è il voce/chitarra Sotto i 35 gradi che sembra un classico del cantautorato italiano ... ecologia per corpo e mente, con un cantato che ricorda Fiorella Mannoia.
RispondiEliminaMa forse il mio pezzo preferito è D.A.N.A. cantato in dialetto: un canto sulla natura, un'indie-folk che definirei al confine con il rock psichdelico.
RispondiEliminaMa anche Maltempora, altro pezzo in siciliano mi prende molto bene, cantato/suonato in modo molto forte, con gli strumenti a corda a intrecciarsi in modo mirabile.
RispondiEliminaE che dire della tristissima ? ... o del finale corale, con violini, chitarre per Unni Unni, versione in dialetto siciliano di un tradizionale gaelico?
RispondiEliminaCredo proprio che Sara Romano abbia ragione: difficile dire un pezzo migliore rispetto a un altro, ci piacciono tutti.
RispondiEliminaProvate ad ascoltare e ditemi se siete d'accordo o meno ...