NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE
Io sono un appassionato della forma canzone, è un contenitore in cui puoi
mettere tutto ciò che desideri. È la forma d’arte che preferisco perché
composita: ha molti aspetti a cui badare che consentono di non annoiarsi e
soddisfare diverse curiosità.
DOVE
ASCOLTARLO
Chi
vuole può contattarmi attraverso i miei social o la pagina Blue Bell project
studio per ascoltarlo su cd e godersi i testi e la grafica.
LABEL
Blue Bell dischi
PARTICOLARITA’
Un disco bellissimo
CITTA’:
di questi tempi non lo so più neanche io, direi Mondo.
L’INTERVISTA
Come è nato Terraferma?
Il disco è nato dalla voglia di raccontare i
luoghi in cui sono cresciuto attraverso storie, suoni e colori che li
rappresentassero secondo il mio gusto.
Perché questo titolo? È il titolo del brano che
intensamente apre il disco …
Il titolo ha diverse chiavi di lettura: nel disco
ci sono storie legate in qualche modo a una terra ferma, anzi in regressione,
che sembra non riuscire a riscattarsi malgrado il suo enorme valore. Poi c’era
il riferimento metaforico all’uccello delle tempeste, il protagonista di una
delle canzoni, che sulla terraferma sarebbe facile preda di roditori e rettili
ed è perciò costretto a vivere in mare aperto sfidando la burrasca per
sopravvivere pescando. Mi è suonata subito come una stupenda metafora del
destino di certi uomini, la terraferma è qualcosa da abbandonare per realizzare
il proprio destino e al contempo lo scrigno delle storie incredibili che ho
cercato di raccontare.
Come è stata la genesi del disco, dall’idea
iniziale alla sua realizzazione finale?
Come dicevo, tutto nasce dal desiderio
di raccontare i miei luoghi, di sublimare certe emozioni che in certi giorni
questa terra mi ha saputo dare. Ho cominciato a raccogliere apppunti per questo
lavoro mentre studiavo all’università, più di dieci anni fa. La novella boccaccesca
ambientata a Castellammare doveva essere messa in versi, mi parve subito
evidente. Ho lasciato che quel seme lavorasse dentro di me per anni e ricordo
che nel 2015, dopo aver comprato la mia prima battente, La luce nel pozzo
scivolò fuori in meno di un paio di ore. Le altre canzoni hanno avuto forse un
incubazione meno lunga e perciò c’è stato bisogno di maggior lavoro.
Musicalmente abbiamo provato molte vie: almeno tre o quattro arrangiamenti
diversi per ogni canzone, tempi, tonalità ed addirittura accordature diverse, sebbene
l’idea generale fosse chiara. Ho perciò chiamato a fare ordine in tutto il
materiale che avevo raccolto, Fabio Rizzo.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante
la lavorazione di Terraferma?
Il
disco è stato registrato tutto nel mio studio a Castellammare di Stabia, ma abbiamo
chiuso i mix a Palermo. I ricordi più belli sono senz’altro legati alla
scoperta di questa stupenda città. Riposare le orecchie bevendo pastis alla
Taverna Azzurra in Vucciria non ha prezzo. Ricordo il ritorno a Napoli sul
traghetto: la luce dell’alba, l’emozione di aver concluso un percorso. Era così
bello il golfo di casa da lì che sono uscito sul ponte. I gabbiani volavano
tutt’intorno lo scafo. Una sensazione stupenda sentirli, erano magnifici, così
mi sono messo a riprenderli: sono quelli che puoi vedere nel video di
Terraferma.
Se il tuo album fosse un concept-album su cosa
sarebbe? … tolgo il fosse?
Io volevo restituire all’ascoltatore l’emozione di
certe estati lunghe e accecanti che ho vissuto nei miei luoghi, volevo provare
a sublimare quelle sensazioni, metterle in salvo affinché io per primo me ne
ricordassi, per non perderle nei cambiamenti e nella confusione della vita.
Certi immensi istanti di felicità erano da salvare, almeno nel ricordo.
Probabilmente quelle storie sono solo il backup emozionale di cose che ho
provato, sono forse un pretesto per parlare di me, delle mie contraddizioni, solo
che stavolta credo di essermi mascherato bene.
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del
quale vai più fiero dell’intero disco? … che ti piace di più fare live?
Amo
tutti i pezzi di questo disco e credo che siano tutti necessari. Ne sono
rimasti molti fuori: erano sedici nel progetto iniziale. Altri li ho scartati
perché una guida nel realizzare questo lavoro è stata la sobria eleganza, la
semplicità, dei templi greci. Ho giocato a togliere anche se resta un disco
molto colorato. Amo molto Nonna, nonnarella che deve molto ai live che ho fatto
in giro per l’Italia solo chitarra e voce: tutto il gioco di battere e levare e
maggiore-minore che senti, l’ho sviluppato suonando dal vivo. La prima idea
venne fuori tutta in battere e se nel provino funzionava, dal vivo suonava
noiosa. Amo Il silenzio delle Sirene, che credo nasconda il tema segreto del
disco. Sono tutte così diverse e complementari che proprio non so sceglierne
una: per me si tratta di un’unica canzone.
Come è stato produrre con Terraferma?
Da chi i contributi maggiori in questa fase?
È
stato bello. Dopo un lungo, autonomo lavoro di scrittura e pre-produzione, Fabio
Rizzo mi ha aiutato a scegliere le cose da tenere e le cose da rifare e
soprattutto a organizzare il lavoro in dieci giorni con i musicisti. Ognuno di
loro è stato fondamentale per il suono finale. Abbiamo dedicato un giorno in
cui ci siamo incontrati io (plettri e synth), Fabio (plettri), Fulvio Di Nocera
(basso) e Dario Viesti (batteria), per andare più a fondo sulle strutture che
già avevamo abbozzato. In quella fase entusiasmante a volte i ruoli si sono
scambiati: il pattern ritmico di timpano ne La luce nel pozzo ad esempio è
un’idea di Fulvio realizzata da Dario, mentre la linea di piano ne Il silenzio
delle Sirene è opera di Dario anche se l’ho suonato io. La svolta afro de Il
giorno dopo lunedì è un’idea di Fabio. Insomma è stato bello mescolare le
esperienze umane e musicali e avere a disposizione delle mie idee musicisti
così forti. Tutti gli altri, altrettanto importanti, sono venuti a colorare il
disco: fondamentali le voci delle ragazze su Nonna, nonnarella, Laura Paolillo
e Susanna Giordano e le pennellate di vibrafono e percussioni di Pasquale
Benincasa.
Copertina molto bella, cosa c’è rappresentato? Il
mare, il sole, la terra? Tutto … Come è nata? Chi l’artefice?
L’artefice è
Bianca, la mia compagna, con cui ho discusso molto di arte e musica, della
direzione che volevo dare a questo disco. Abbiamo viaggiato insieme, condiviso
impressioni ed esperienze. Lei è stata fondamentale nella mia vita e nella
parte visual di tutto il progetto, ha realizzato anche il primo videoclip. Ha
saputo cogliere lo spirito del disco vedendo nascere le canzoni. Si è ispirata
all’arte delle maioliche campane, per l’esattezza alle ceramiche Vietresi e
alle loro geometrie in cui ha sintetizzato gli elementi estetici ricorrenti nel
disco: sole, mare e terra, sporcati appena con una polvere salina. Ha scelto il
blu oltremare e il bianco per restituire una sensazione estiva, accecante. Mi
piace molto come ha saputo tradurre in immagini il mio mondo. Le devo molto.
Come presenti dal vivo il disco?
Dal vivo presento
il disco in quartetto con Fulvio Di Nocera al basso, Riccardo Marconi alla
chitarra, Dario Viesti alla batteria e ovviamente io.
Altro da
dichiarare?
Approfitto di questo spazio per
invitare all’ascolto del disco e in caso di interesse a contattarmi attraverso
la mia pagina FB per eventuali proposte live o collaborative. Grazie!
Bel disco questa sera in palude questo Terraferma di Gerardo Attanasio, un disco che ricorda il migliore cantautorato rock italico da De André ai Gang de Le radici e le ali.
RispondiEliminaMi riferisco in particolare alla musica, questo incrociare chitarre, strumenti moderni con altri più antichi, ma anche dei testi per narrare miti/storie della provincia di Napoli, dove Attanasio vive.
RispondiEliminaOvviamente è difficile dire quali sono i pezzi migliori, perché il disco è tutto da ascoltare e ha una buona qualità dall'inizio alla fine.
RispondiEliminaTerraferma apre con intensità e poesia il disco, con il ritmo, i suoni, le parole da cantautore classico, Nonna, nonnarella lo chiude perfettamente, una dolce filastrocca che lascia un bel gusto nelle orecchie.
RispondiEliminaIn mezzo ci sono pezzi che incantano tipo 12 tarì, storia magica, narrata con una progressione stupenda e le giuste note.
RispondiEliminaMolto bella anche Abu Tabela, storia calda, un voce/chitarra più organo magico che resta a lungo ...
RispondiEliminaDa citare assolutamente anche Il giorno dopo lunedì, pezzo sensuale tra ritmo e poesia.
RispondiEliminaDa ascoltare tutto Terraferma, che idealmente dedico a tutti i migranti, in particolare a quelli in queste ore sulla Sea Watch.
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