NOTE
SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE
elettro pop, dream pop.
LABEL
Manita Dischi/dischirotti.
PARTICOLARITA’
doppia lingua.
CITTA’
Palermo
L’INTERVISTA
Come è nato And You Can’t Build The Night?
Il
disco è frutto di storie di vita comune, di sensazioni, di emozioni provate da
me e da persone a me vicine, ovviamente filtrate con i miei occhi.
Il
brano che dà il nome all’ album è nato una notte di novembre, in quel momento
ho deciso
di
far uscire DIANA.
Perché questo titolo? Che
significa?
Ho
scelto questo titolo perché è stata la prima canzone che ho scritto come DIANA
e essendo il
mio primo album da solista, ho subito pensato che fosse bello tracciare il
cammino, evidenziando che sono partita da lì, per sviluppare poi tutto l’album.
Letteralmente
significa “Non si può costruire la notte”. La notte, per me, è il momento più
importante della giornata, è il momento in cui siamo soli con noi stessi e con
i nostri pensieri. Quando
non riesci a “costruirla” è perché sei sfinito, distrutto, è perché ad un certo
punto ti arrendi, e probabilmente riesci a vedere tutto con chiarezza.
“And
you can’t build the night” è una storia d’amore finita, dove uno dei due amanti
non vuole arrendersi
a questa verità, non si capacita e spera, immagina, che ci sia ancora speranza
e che
tutto possa ancora succedere.
Come è stata la genesi
del disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
È
nato tutto in maniera naturale, senza pretese. Solo con la voglia di lasciare
una traccia di
quello
che stavo facendo. L’idea è stata sempre quella, dall’inizio alla fine, non ho
usato filtri, non
mi sono posta il problema della doppia lingua. Ho composto e registrato ciò che
sentivo in
quel momento e questo è stato il risultato.
Qualche episodio che è
rimasto nella memoria durante la lavorazione dell’album?
Non
avendo avuto pressioni, questo album ha avuto una gestazione lunga. Credo
proprio di
aver
vissuto un escalation di emozioni molto diversa. È stato come scoprire ogni
volta una
parte
di me, ogni pezzo è un tassello, un modo diverso di vivere le cose. Sono
cresciuta con
lui.
Oggi mi guardo indietro e mi rivedo mentre al pc registravo tutti i provini.
Per ogni brano ci sarebbe
una storia da raccontare. Sicuramente una cosa che non molti sanno è che nel
brano Se l’amore non è un’astronave è
stata lasciata una parte della voce con la registrazione originale che avevo
fatto a casa. Questa scelta ci ha permesso di conservare quella parte di “sentimento
puro” che esce quando si scrive un pezzo, e anche se tecnicamente non è
perfetto, per noi l’importante è stato trasmettere quella stessa emozione che
mi ha spinto a creare questo brano.
Se And You Can’t Build The Night fosse un concept-album su cosa
sarebbe? … anche
a posteriori.
Sicuramente
ruota tutto attorno ad una visione astrale ed eterea delle cose, dal suono alle
parole.
Non è stata una cosa voluta, ma riconosco che inevitabilmente vivo la vita e la
musica in
maniera molto corale, estremizzo i sentimenti e le cose che ho attorno. I
sentimenti si fondono, traendo ispirazioni da storie mitologiche e visioni
astrali.
C’è qualche pezzo che
preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiera dell’intero disco?
… che ti piace di più
fare live?
Sicuramente
ho delle preferenze ma è come dire ad una madre quale figlio preferisci.
È
difficile sceglierne uno, ne ho diversi preferiti, ovviamente per motivi
diversi.
Andando
in ordine ti posso dire che Lost
è uno dei pezzi che preferisco in assoluto e ho deciso infatti di metterlo
nell’album come primo. Un altro pezzo a cui sono affezionata è Ottanta perché è il primo brano di cui ho
fatto il video, un brano che ho composto nella mia vecchia casa che mi ha lasciato
tanti ricordi. Se l’amore non è
un’astronave è sicuramente uno dei brani che preferisco suonare dal vivo.
Mi dà molta carica! E infine, Nostalgia di
Saturno, è l’ultimo brano che ho scritto prima della chiusura
dell’album, per cui è quello che sento più vicino.
Come è stato produrre il
disco con dischi rotti.? Chi altri
vicini a te, dal punto di vista
produttivo?
Dal
punto di vista produttivo sono stati fondamentali i ragazzi di Indigo: Donato
di Trapani, Fabio Rizzo e Francesco Vitaliti. In questo studio i provini hanno
preso forma e due canzoni in particolare sono state proprio scritte durante i
giorni di registrazione, He was angry
e Nostalgia di Saturno. Senza di loro
quest’album non sarebbe così, e gliene sono molto grata!
La
collaborazione con dischirotti., è nata successivamente. Mi hanno aiutato
veramente in tutto. Dall’aspetto pratico, come ad esempio la cura della grafica
dei social, all’aspetto emotivo che comprende veramente tutto! Senza di loro
non so cosa farei. Nelle prossime uscite, a cui sto già lavorando, loro avranno
un ruolo fondamentale anche nella produzione!
Copertina sognante,
geometrica da film di Wim Wenders … come è nata? Di chi è opera?
Effettivamente
pensandoci colgo tantissime affinità con i suoi lavori! Grazie per la
citazione!
Le
foto sono state opera del fotografo Fabio Florio, il quale ha immediatamente
compreso l’idea dell’album, è bello lavorare con chi capisce cosa vuoi senza
bisogno di troppe parole. Lui è stato veramente bravo a scegliere le location e
a capire chi è DIANA. Ha lavorato con il cuore come del resto ha fatto Matteo
Bresaola (dischirotti.), che ha curato tutta l’idea grafica della copertina.
Hanno svolto un lavoro egregio! Che dire, ho avuto la fortuna di lavorare con
persone sognatrici, come me!
Come
presenti dal vivo il disco?
Tutto
dipende da dove devo suonare, spesso noi musicisti dobbiamo adattarci alle
esigenze
organizzative
dei locali, quindi ho previsto due tipologie di set.
In
duo, dove mi accompagna Sonja Burgì che si occupa di gestire Synth e stems.
Quando
posso invece, porto tutta la band: Fabio Cristadoro (basso) Andrea Chentrens
(batteria) Giorgio Nucifora (chitarre) e Sonja Burgì.
Probabilmente
capiterà, come già mi è stato chiesto, di suonare da sola per qualche house
concert,
lì cercherò di sperimentare nuove soluzioni per non perdere il senso
dell’album.
Altro
da dichiarare?
Non
vedo l’ora di farvi sentire nuovi brani! Ci sto già lavorando!
Un vero piacere ospitare questa sera Diana e il suo stupendo dream pop, con alcune canzoni cantate in inglese e altre in italiano.
RispondiEliminaNove pezzi che incantano per la forza e leggerezza allo stesso tempo ... canzoni d'amore, ma non sempre felici e spensierate, e senza rime baciate.
RispondiEliminaPer questo ci piace And You Can’t Build the Night.
RispondiEliminaDifficile dire quindiil mio pezzo preferito, anche se, la title-track è veramente il vertice sonoro del disco.
RispondiEliminaAnd You Can’t Build the Night è una dolce ballata che non sfigurerebbe in un film di Wim Wenders ... come ci racconta lei nell'intervista, ha dato vita al progetto DIANA. Chitarra da sogno, come tutto di questo pezzo, del resto ...Nick Cave è donna e vive a Palermo? Perfetta!
RispondiEliminaMolto buone anche Ottanta e Lost. La prima è un pezzo shoegaze, che sale dolce e piano, un pop internazionale stile Lali Puna, che affascina per il ritmo, la voce, le chitarre ...
RispondiEliminaLost, che apre l'album, è soffice e suadente dream-pop che sarebbe ottimo per la disco più alternativa d'Europa.
RispondiEliminaTra i pezzi cantanti in italiano metterei Se l'amore non è un'astronave, elettro pop sensuale sull'amore senza limiti, sognato, avuto per sempre oppure mai. Ma che importa? ... è un sogno.
RispondiEliminaBuone anche l'ironica Nostalgia di Saturno e Festival, canzone che chiude l'album e ci spinge a rifar partire il disco.
RispondiEliminaUn gran disco And You Can’t Build the Night, attendiamo le nuove canzoni di Diana.
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