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giovedì 18 aprile 2019

In palude con Diana

NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE elettro pop, dream pop.
DOVE ASCOLTARLO Spotify, Apple Music, Youtube.
LABEL Manita Dischi/dischirotti.
PARTICOLARITA’ doppia lingua.
FB
CITTA’ Palermo
DATA DI USCITA 28 settembre 2018
L’INTERVISTA

Come è nato And You Can’t Build The Night?
Il disco è frutto di storie di vita comune, di sensazioni, di emozioni provate da me e da persone a me vicine, ovviamente filtrate con i miei occhi.
Il brano che dà il nome all’ album è nato una notte di novembre, in quel momento ho deciso
di far uscire DIANA.
Perché questo titolo? Che significa?
Ho scelto questo titolo perché è stata la prima canzone che ho scritto come DIANA e essendo il mio primo album da solista, ho subito pensato che fosse bello tracciare il cammino, evidenziando che sono partita da lì, per sviluppare poi tutto l’album.
Letteralmente significa “Non si può costruire la notte”. La notte, per me, è il momento più importante della giornata, è il momento in cui siamo soli con noi stessi e con i nostri pensieri. Quando non riesci a “costruirla” è perché sei sfinito, distrutto, è perché ad un certo punto ti arrendi, e probabilmente riesci a vedere tutto con chiarezza.
“And you can’t build the night” è una storia d’amore finita, dove uno dei due amanti non vuole arrendersi a questa verità, non si capacita e spera, immagina, che ci sia ancora speranza e che tutto possa ancora succedere.
Come è stata la genesi del disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
È nato tutto in maniera naturale, senza pretese. Solo con la voglia di lasciare una traccia di
quello che stavo facendo. L’idea è stata sempre quella, dall’inizio alla fine, non ho usato filtri, non mi sono posta il problema della doppia lingua. Ho composto e registrato ciò che sentivo in quel momento e questo è stato il risultato.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione dell’album?
Non avendo avuto pressioni, questo album ha avuto una gestazione lunga. Credo proprio di
aver vissuto un escalation di emozioni molto diversa. È stato come scoprire ogni volta una
parte di me, ogni pezzo è un tassello, un modo diverso di vivere le cose. Sono cresciuta con
lui. Oggi mi guardo indietro e mi rivedo mentre al pc registravo tutti i provini. Per ogni brano ci sarebbe una storia da raccontare. Sicuramente una cosa che non molti sanno è che nel brano Se l’amore non è un’astronave è stata lasciata una parte della voce con la registrazione originale che avevo fatto a casa. Questa scelta ci ha permesso di conservare quella parte di “sentimento puro” che esce quando si scrive un pezzo, e anche se tecnicamente non è perfetto, per noi l’importante è stato trasmettere quella stessa emozione che mi ha spinto a creare questo brano.
Se And You Can’t Build The Night fosse un concept-album su cosa sarebbe? … anche
a posteriori.
Sicuramente ruota tutto attorno ad una visione astrale ed eterea delle cose, dal suono alle
parole. Non è stata una cosa voluta, ma riconosco che inevitabilmente vivo la vita e la musica in maniera molto corale, estremizzo i sentimenti e le cose che ho attorno. I sentimenti si fondono, traendo ispirazioni da storie mitologiche e visioni astrali.
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiera dell’intero disco?
… che ti piace di più fare live?
Sicuramente ho delle preferenze ma è come dire ad una madre quale figlio preferisci.
È difficile sceglierne uno, ne ho diversi preferiti, ovviamente per motivi diversi.
Andando in ordine ti posso dire che Lost è uno dei pezzi che preferisco in assoluto e ho deciso infatti di metterlo nell’album come primo. Un altro pezzo a cui sono affezionata è Ottanta perché è il primo brano di cui ho fatto il video, un brano che ho composto nella mia vecchia casa che mi ha lasciato tanti ricordi. Se l’amore non è un’astronave è sicuramente uno dei brani che preferisco suonare dal vivo. Mi dà molta carica! E infine, Nostalgia di Saturno, è l’ultimo brano che ho scritto prima della chiusura dell’album, per cui è quello che sento più vicino.
Come è stato produrre il disco con dischi rotti.? Chi altri vicini a te, dal punto di vista
produttivo?
Dal punto di vista produttivo sono stati fondamentali i ragazzi di Indigo: Donato di Trapani, Fabio Rizzo e Francesco Vitaliti. In questo studio i provini hanno preso forma e due canzoni in particolare sono state proprio scritte durante i giorni di registrazione, He was angry e Nostalgia di Saturno. Senza di loro quest’album non sarebbe così, e gliene sono molto grata!
La collaborazione con dischirotti., è nata successivamente. Mi hanno aiutato veramente in tutto. Dall’aspetto pratico, come ad esempio la cura della grafica dei social, all’aspetto emotivo che comprende veramente tutto! Senza di loro non so cosa farei. Nelle prossime uscite, a cui sto già lavorando, loro avranno un ruolo fondamentale anche nella produzione!
Copertina sognante, geometrica da film di Wim Wenders … come è nata? Di chi è opera?
Effettivamente pensandoci colgo tantissime affinità con i suoi lavori! Grazie per la citazione!
Le foto sono state opera del fotografo Fabio Florio, il quale ha immediatamente compreso l’idea dell’album, è bello lavorare con chi capisce cosa vuoi senza bisogno di troppe parole. Lui è stato veramente bravo a scegliere le location e a capire chi è DIANA. Ha lavorato con il cuore come del resto ha fatto Matteo Bresaola (dischirotti.), che ha curato tutta l’idea grafica della copertina. Hanno svolto un lavoro egregio! Che dire, ho avuto la fortuna di lavorare con persone sognatrici, come me!
Come presenti dal vivo il disco?
Tutto dipende da dove devo suonare, spesso noi musicisti dobbiamo adattarci alle esigenze
organizzative dei locali, quindi ho previsto due tipologie di set.
In duo, dove mi accompagna Sonja Burgì che si occupa di gestire Synth e stems.
Quando posso invece, porto tutta la band: Fabio Cristadoro (basso) Andrea Chentrens (batteria) Giorgio Nucifora (chitarre) e Sonja Burgì.
Probabilmente capiterà, come già mi è stato chiesto, di suonare da sola per qualche house
concert, lì cercherò di sperimentare nuove soluzioni per non perdere il senso dell’album.
Altro da dichiarare?
Non vedo l’ora di farvi sentire nuovi brani! Ci sto già lavorando!


10 commenti:

  1. Un vero piacere ospitare questa sera Diana e il suo stupendo dream pop, con alcune canzoni cantate in inglese e altre in italiano.

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  2. Nove pezzi che incantano per la forza e leggerezza allo stesso tempo ... canzoni d'amore, ma non sempre felici e spensierate, e senza rime baciate.

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  3. Per questo ci piace And You Can’t Build the Night.

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  4. Difficile dire quindiil mio pezzo preferito, anche se, la title-track è veramente il vertice sonoro del disco.

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  5. And You Can’t Build the Night è una dolce ballata che non sfigurerebbe in un film di Wim Wenders ... come ci racconta lei nell'intervista, ha dato vita al progetto DIANA. Chitarra da sogno, come tutto di questo pezzo, del resto ...Nick Cave è donna e vive a Palermo? Perfetta!

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  6. Molto buone anche Ottanta e Lost. La prima è un pezzo shoegaze, che sale dolce e piano, un pop internazionale stile Lali Puna, che affascina per il ritmo, la voce, le chitarre ...

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  7. Lost, che apre l'album, è soffice e suadente dream-pop che sarebbe ottimo per la disco più alternativa d'Europa.

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  8. Tra i pezzi cantanti in italiano metterei Se l'amore non è un'astronave, elettro pop sensuale sull'amore senza limiti, sognato, avuto per sempre oppure mai. Ma che importa? ... è un sogno.

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  9. Buone anche l'ironica Nostalgia di Saturno e Festival, canzone che chiude l'album e ci spinge a rifar partire il disco.

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  10. Un gran disco And You Can’t Build the Night, attendiamo le nuove canzoni di Diana.

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