NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE Elettronica/Cantautorato
DOVE ASCOLTARLO In un posto lontano dove nascondersi, tipo qui
LABEL Autoproduzione
PARTICOLARITA’ Un disco fuori
moda
CITTA’: Bologna
L’INTERVISTA
Come è nato Un posto dove nasconderci?
È nato fondamentalmente di notte
quando tutto quello che mi circonda, il lavoro, la famiglia, i figli piccoli,
la frenesia della quotidianità, cessa di esistere e rimane soltanto lo spazio
per una fusione mistica tra il mio essere e la musica. I brani sono nati e
cresciuti lentamente e, un poco alla volta proprio come i bambini, ho potuto
apprezzarne l’evoluzione fino al loro compimento finale. La mia base operativa
è un garage soppalcato dove ci sono un letto, un bagno e tutta la mia
strumentazione. Ci ho trascorso gran parte delle notti dell’anno 2017, questo è
certamente il disco a cui io abbia lavorato di più in tutta la mia carriera
artistica, sia per quanto riguarda le musiche e gli arrangiamenti che i testi e
le melodie vocali.
Perché questo titolo?
Perché mi sembra opportuno, oggi come oggi, avere un posto da conservare
per se stessi. In una società frenetica come la nostra, dove tutto è fugace e
superficiale, secondo me è importantissimo cercare di recuperare il proprio
tempo ed il proprio spazio, curare gli affetti, approfondire le questioni della
vita in un modo completamente diverso da come si stanno approcciando in questi
anni. Sono piuttosto convinto del fatto che stiamo implodendo, che questo
spingere sull’acceleratore sempre e comunque ci porterà al collasso molto prima
di quanto possiamo immaginare. La salvezza è un ritorno alle origini, alle cose
semplici, ai sentimenti piuttosto che ai beni materiali.
Come è stata la genesi del disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione
finale?
Tutta la prima fase di scrittura è stata completamente libera. Nel senso
che ho buttato giù tantissimi appunti non partendo necessariamente da uno
strumento preciso o da una melodia. Tutto quello che è venuto fuori ho cercato
in prima battuta di fissarlo come un puro e semplice input. Sono andato avanti
così per diversi mesi fin quando mi sono detto ok, adesso è il momento di
trovare un senso a tutto questo e di razionalizzare un po’ le cose. A quel
punto ho inquadrato gli appunti che mi piacevano di più e c’è stata una prima
scrematura.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione
dell’album?
Non c’è tanto un episodio in particolare quanto una situazione. Come ti
dicevo questo è un disco nato in un garage soppalcato, per cui un ambiente
sotto terra e senza finestre. Il mood era: luce soffusa, cuffie e silenzio
intorno. È un ricordo molto vivido che penso porterò per sempre con me.
Se Un posto dove nasconderci fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Mah, in effetti questo è un disco che parla di sentimenti in un’epoca in
cui i sentimenti sono qualcosa di sempre più raro e complicato, pertanto un
tema ricorrente c’è, puoi togliere il fosse.
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiero dell’intero
disco? … che ti piace di più fare live?
È un disco che mi piace moltissimo suonare e soprattutto cantare, è come se
percepissi una netta evoluzione su me stesso rispetto alle produzioni
precedenti. Più che altro è una sensazione, non so neanche spiegartela bene a
parole ma è ben distinta. Come brano sono molto affezionato alla prima traccia Le vie del mare, sarà perché è la prima
canzone che ho composto per questo disco e quindi ha rappresentato l’inizio di
un nuovo ciclo.
Come è stato produrre Un posto dove nasconderci? Chi hai avuto
più vicino, dal punto di vista produttivo?
Come per l’ultimo disco dei
Drunken Butterfly mi sono affidato in maniera convinta a Cristiano Santini, ex
Disciplinatha ora Dish-Is-Nein. Non c’è niente da fare, io sono legato
indissolubilmente alla musica degli anni novanta, a quella musica che aveva un
significato profondo, che non ha nulla a che vedere con il pop che va tanto di moda
in questi ultimi anni. Cristiano fa parte di quel mondo, di quel modo di
pensare la musica, con lui a volte non c’è neanche bisogno di parlare tanto è
facile capirsi su ciò che si vuol fare.
Copertina decisamente invernale natalizia, forse, anche se in parte sembra
uno scenario di guerra (tipo prima guerra mondiale) ... come è nata? Di chi è
opera?
Di fatto cercavo un immagine che ben rappresentasse il titolo dell’album e,
al tempo stesso, che fosse uno specchio dell’odierno stato d’animo generale,
glaciale, di completa solitudine. Oggi in Italia, ma direi in generale nel
mondo occidentale, c’è un sentimento di paura verso chi ci circonda, una
sensazione di sfiducia verso la politica, un senso di smarrimento se pensiamo
al futuro. Ho trovato questa foto di una ragazza che si chiama Elena Belozorova
e mi sono subito convinto che fosse l’immagine adatta a rappresentare tutto
quello che volevo esprimere.
Come presenti dal vivo il disco?
Gestisco il live completamente da solo e per adesso va bene così. È una
situazione estremamente facile da gestire a livello logistico, che ti consente
di suonare ovunque e in qualunque situazione. Utilizzo un pc con le basi,
canto, suono la chitarra e il sintetizzatore, insomma mi do da fare un bel po’ sul
palco affinché il live non venga percepito come una sorta di karaoke. Visto che
utilizzo parecchia elettronica ma all’interno di canzoni che hanno una loro
melodia ben definita e una struttura piuttosto lineare, ne è venuto fuori un
live che possiamo definire come un ibrido tra il concerto di un cantautore ed
il set di un dj.
Altro da dichiarare?
Come al solito un grande piacere essere ospitati in
palude dall’Alligatore! Ci si vede in giro ai concerti oppure in un posto dove
nascondersi, quello che preferite.
Fa molto piacere ospitare in palude KRANK, con questo disco dalla copertina apparentemente natalizia, sicuramente invernale, ma dai contenuti per nulla natalizi.
RispondiEliminaNon c'è falsità, non ci sono buoni sentimenti in questo nuovo disco di KRANK ... appena l'ho sentito, qualche mese fa, mi è venuto quasi da ridere, nel sapere che sarebbe uscito ufficialmente il 25 dicembre.
RispondiEliminaMerito dell'autoproduzione, merito della forza anticonformista per nulla di facciata del mio amico Lorenzo, da molti anni gradito ospite qui in palude.
RispondiEliminaAvercene musicanti così ... e, come il disco precedentemente ospitato qui, quello di MAC (simile nel pessimismo cosmico, diverso musicalmente), mi è difficile fare un titolo rispetto a un altro per le 11 canzoni di Un posto dove nasconderci.
RispondiEliminaDall'inizio alla fine c'è una rara condizione di cullata infelicità, sottolineata da un'elettronica con i controfiocchi che mi esalta (dopo avermi depresso).
RispondiEliminaQuindi canzoni preferite non ne ho, siamo sulla stessa lunghezza d'onda dall'inizio alla fine in questo mare nero.
RispondiEliminaDirei che non ha cedimenti, in nessun senso, e credo sarebbe interessante vederlo/sentirlo live. Il set minimale descritto nell'intervista, ma anche la foto che ho messo alla fine rendono l'idea, facendo un perfetto connubio con l'impeccabile copertina.
RispondiEliminaNiente auguri questo natale, meglio dischi così da ascoltare ... è il mio regalo per voi grazie a KRANK.
RispondiEliminaMeditate gente, meditate!
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