NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE post-romantic rock
DOVE ASCOLTARLO qui
LABEL autoproduzione
PARTICOLARITA’ perfetto per i
valichi alpini
CITTA’ Parma
L’INTERVISTA
Come è nato Penelope, Sebastian?
Il disco nasce a casa, poi in
sala prove e alla fine in studio, anzi in due studi diversi. Come diverse sono
le voci, le timbriche e gli ambienti dei due protagonisti
Perché questo
titolo? … con due nomi, protagonisti anche di due pezzi dell’album.
Perché il disco è la storia a
ritroso del loro legame, dal giorno dell’addio a quello del ciao come ti
chiami. È anche il racconto della loro epica, dei luoghi nei quali hanno
nutrito il loro essere insieme, delle canzoni che si sono cantati e che hanno
cantato insieme.
Come è stata la
genesi di Penelope, Sebastian,
dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
La genesi è stata la solita con i
nostri dischi. Prima ci prendiamo tutto il tempo che vogliamo, poi sembra che
vada a fuoco la casa e facciamo tutto in sei mesi.
L’idea di una storia ci frullava
in testa da tempo. Noi abbiamo sempre scritto canzoni che erano descrittive,
fiction per post-romantici senza social. Abbiamo solo scritto una storia più
lunga e a episodi.
Qualche episodio
che è rimasto nella memoria durante la lavorazione del disco?
Beh sicuramente la prima parte
del disco, quella che ha dato vita alle canzoni con la voce di Penelope,
registrata alla Sauna del Cajo, ha avuto tanti episodi, dall’invasione delle
mosche volanti, ad una mezza alluvione in studio, alle cene in sette in un
cucinino di tre metri quadri.
Abbiamo parlato tanto, soprattutto
del nuovo itpop italico, della beata ignoranza e del fatto che ormai chi ha un
minimo di senso storico e di cultura musicale in Italia, può fare davvero
sfracelli a livello produttivo.
Se questo cd fosse
un concept-album su cosa sarebbe? … potrebbe esserlo?
Non è sicuramente un concept,
perché non svolge tesi o dimostra teoremi. È la storia di due ragazzi, una
storia d’amore e di codardia.
C’è qualche pezzo che
preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri di Penelope, Sebastian? … che vi piace di più fare live?
Sicuramente ci sono pezzi che
nella dimensione “dal vivo” acquistano qualche sfumatura supplementare, penso
alla stessa Sebastian
o a Sands.
Il disco è autoprodotto,
come mai questa scelta? Scelta facile? Difficile? … consigliereste?
Io devo ancora capire il concetto
di autoprodotto. Se per autoprodotto intendi il fatto che la band paghi per la
produzione, allora il 95% dei dischi italiani è autoprodotto. Questa ipocrisia
dell’etichetta è una finzione che va avanti da troppo tempo. Avere un’etichetta
vuol dire che qualcuno (forse) ti ha stampato i dischi e prenderà una
percentuale dalle vendite. Sono rari i casi nei quali un’etichetta divide il
rischio d’impresa con una band o un musicista in generale.
Se per autoprodotto intendi la
produzione artistica, allora ti rispondo che non è autoprodotto, ma ci ha messo
le mani Martino Cuman.
Copertina strana, da
guardare bene per capirla … chi l’ha fatta e pensata così?
La nostra amica Alessandra Mila
Formato, che fa la grafica e alla quale piacciono le persone che si baciano.
Come presentate dal
vivo Penelope, Sebastian?
Abbiamo la formazione nostra
classica. Il disco infatti, ha pochissime sovraincisioni ed è registrato quasi
tutto in presa diretta.
Altro da
dichiarare?
Ciao Alligatore.
Un vero piacere avere in palude questa sera Winter Dies In June, con il loro secondo magnifico disco.
RispondiEliminaPenelope, Sebastian.
RispondiEliminaUn concept o quasi, una storia tra due persone, raccontata a ritroso, anche attraverso i luoghi incontrati da Londra a San Francisco ...
RispondiEliminaSi parte dall'abbandono di Aeroplanes, malinconico e nasale pop alternative e si arriva a Different, intenso e romantico voce/chitarra con echi Leonard Cohe, a narrare il primo incontro.
RispondiEliminaIn mezzo lo svolgersi della storia, con gli episodi più riusciti quali Sebastian e Penelope.
RispondiEliminaLa prima è una cullante folk rock con puntuali vocalizzi femminili, la seconda più dilatata, più rock, forte senza essere troppo aggressiva.
RispondiEliminaDa citare assolutamente Sands, con un tappeto di elettronica giocattolosa, tastiere e tanta partecipazione nel cantato.
RispondiEliminaNon a caso segnalata nell'intervista dagli stessi Winter Dies In June, come uno dei loro pezzi preferiti.
RispondiEliminaMa il disco è tutto da ascoltare ... vero indie-rock italico. Garantisce l'Alligatore.
RispondiEliminaHo perso l'occasone buona per vedere Lazzaro felice, spero mi ricapiti.
RispondiEliminap.s. scrivo qui perchè il post cinematografico non è commentabile.
Ciao Marcaval, per commentare il post cinema dovresti andare nell'altro mio blog, c'è il link sotto la rece. Comunque sì, il film devi vederlo.
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