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mercoledì 1 agosto 2018

In palude con Winter Dies In June



NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE post-romantic rock
DOVE ASCOLTARLO qui
LABEL autoproduzione
PARTICOLARITA’ perfetto per i valichi alpini
FB
CITTA’ Parma
DATA DI USCITA 13 aprile 2018
L’INTERVISTA
Come è nato Penelope, Sebastian?
Il disco nasce a casa, poi in sala prove e alla fine in studio, anzi in due studi diversi. Come diverse sono le voci, le timbriche e gli ambienti dei due protagonisti
Perché questo titolo? … con due nomi, protagonisti anche di due pezzi dell’album.
Perché il disco è la storia a ritroso del loro legame, dal giorno dell’addio a quello del ciao come ti chiami. È anche il racconto della loro epica, dei luoghi nei quali hanno nutrito il loro essere insieme, delle canzoni che si sono cantati e che hanno cantato insieme.
Come è stata la genesi di Penelope, Sebastian, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
La genesi è stata la solita con i nostri dischi. Prima ci prendiamo tutto il tempo che vogliamo, poi sembra che vada a fuoco la casa e facciamo tutto in sei mesi.
L’idea di una storia ci frullava in testa da tempo. Noi abbiamo sempre scritto canzoni che erano descrittive, fiction per post-romantici senza social. Abbiamo solo scritto una storia più lunga e a episodi.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione del disco?
Beh sicuramente la prima parte del disco, quella che ha dato vita alle canzoni con la voce di Penelope, registrata alla Sauna del Cajo, ha avuto tanti episodi, dall’invasione delle mosche volanti, ad una mezza alluvione in studio, alle cene in sette in un cucinino di tre metri quadri.
Abbiamo parlato tanto, soprattutto del nuovo itpop italico, della beata ignoranza e del fatto che ormai chi ha un minimo di senso storico e di cultura musicale in Italia, può fare davvero sfracelli a livello produttivo.
Se questo cd fosse un concept-album su cosa sarebbe? … potrebbe esserlo?
Non è sicuramente un concept, perché non svolge tesi o dimostra teoremi. È la storia di due ragazzi, una storia d’amore e di codardia.
C’è qualche pezzo che preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri di Penelope, Sebastian? … che vi piace di più fare live?
Sicuramente ci sono pezzi che nella dimensione “dal vivo” acquistano qualche sfumatura supplementare, penso alla stessa Sebastian o a Sands.
Il disco è autoprodotto, come mai questa scelta? Scelta facile? Difficile? … consigliereste?
Io devo ancora capire il concetto di autoprodotto. Se per autoprodotto intendi il fatto che la band paghi per la produzione, allora il 95% dei dischi italiani è autoprodotto. Questa ipocrisia dell’etichetta è una finzione che va avanti da troppo tempo. Avere un’etichetta vuol dire che qualcuno (forse) ti ha stampato i dischi e prenderà una percentuale dalle vendite. Sono rari i casi nei quali un’etichetta divide il rischio d’impresa con una band o un musicista in generale.
Se per autoprodotto intendi la produzione artistica, allora ti rispondo che non è autoprodotto, ma ci ha messo le mani Martino Cuman.
Copertina strana, da guardare bene per capirla … chi l’ha fatta e pensata così?
La nostra amica Alessandra Mila Formato, che fa la grafica e alla quale piacciono le persone che si baciano.
Come presentate dal vivo Penelope, Sebastian?
Abbiamo la formazione nostra classica. Il disco infatti, ha pochissime sovraincisioni ed è registrato quasi tutto in presa diretta.
Altro da dichiarare?
Ciao Alligatore. 

11 commenti:

  1. Un vero piacere avere in palude questa sera Winter Dies In June, con il loro secondo magnifico disco.

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  2. Un concept o quasi, una storia tra due persone, raccontata a ritroso, anche attraverso i luoghi incontrati da Londra a San Francisco ...

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  3. Si parte dall'abbandono di Aeroplanes, malinconico e nasale pop alternative e si arriva a Different, intenso e romantico voce/chitarra con echi Leonard Cohe, a narrare il primo incontro.

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  4. In mezzo lo svolgersi della storia, con gli episodi più riusciti quali Sebastian e Penelope.

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  5. La prima è una cullante folk rock con puntuali vocalizzi femminili, la seconda più dilatata, più rock, forte senza essere troppo aggressiva.

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  6. Da citare assolutamente Sands, con un tappeto di elettronica giocattolosa, tastiere e tanta partecipazione nel cantato.

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  7. Non a caso segnalata nell'intervista dagli stessi Winter Dies In June, come uno dei loro pezzi preferiti.

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  8. Ma il disco è tutto da ascoltare ... vero indie-rock italico. Garantisce l'Alligatore.

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  9. Ho perso l'occasone buona per vedere Lazzaro felice, spero mi ricapiti.
    p.s. scrivo qui perchè il post cinematografico non è commentabile.

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  10. Ciao Marcaval, per commentare il post cinema dovresti andare nell'altro mio blog, c'è il link sotto la rece. Comunque sì, il film devi vederlo.

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