NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE Post-Rock, Post-Metal
DOVE ASCOLTARLO Sulla nostra pagina
Bandcamp, oppure sulle varie piattaforme digitali, Spotify, Soundcloud, ecc.
CITTA’ Tortoreto, Nereto, Ascoli
Piceno, Teramo
L’INTERVISTA
Come è nato Light Cut?
Light Cut è nato tra il 2015 e il 2017, un periodo sicuramente
caratterizzato da momenti difficili per tutti i membri della band, segnato da
perdite e situazioni molto complesse.
Nello stesso tempo però la
realizzazione del primo disco e i successivi live ci avevano dato grande
fiducia nel progetto e sapevamo di aver raggiunto un maggiore affiatamento.
Credo che il disco rifletta questi due aspetti, di oscurità e di fuga nella
musica.
Perché questo titolo? … cosa vuol
dire?
Light Cut è uno spiraglio di luce, ma può evocare una dimensione cinematografica o… autolesionistica,
tutti possibili temi che in un certo senso ritrovo nel disco, è un titolo volutamente
ambiguo.
Come è stata la genesi di Light Cut, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Credo ci siano dei tratti e delle dinamiche riconoscibili nella nostra
musica, ma uno dei punti fermi era quello di non ripeterci, di alzare l’asticella
ed esplorare nuove soluzioni. Detto questo, il disco è molto eterogeneo, ci
sono pezzi che hanno avuto una genesi più tormentata, sui quali sapevamo di
avere una buona idea o dei riff con un buon potenziale, ma che hanno richiesto
molto tempo per trovare lo sviluppo giusto. Yonaguni
e soprattutto Something Escapes sono
due buoni esempi, in cui abbiamo sperimentato molti arrangiamenti diversi, sono
state sfide ambiziose a livello compositivo. Altre canzoni come Voyager invece erano già abbastanza
definite fin dall’inizio, senza dimenticare i due Elemental, nati durante le registrazioni.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione del
disco?
Sono stati due anni complessi come ti dicevo, iniziati con Fango in
ospedale, e proseguiti con l’avvicendamento di due bassisti, ma ci sono stati
anche episodi divertenti (compresa una jam improbabile con tubi corrugati) e
soprattutto molti live fantastici.
L’esperienza in studio con Davide Grotta è stata davvero positiva, sia da
un punto di vista tecnico che umano, e le due improvvisazioni con lui finite
sul disco sono lì a testimoniarlo.
Se questo cd fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Io non lo considero un concept-album, anche se rispetto al primo album c’è
sicuramente un’atmosfera più oscura che attraversa tutti i brani.
C’è qualche pezzo che preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri di
Light Cut? … che vi
piace di più fare live?
Personalmente se devo scegliere dico Yonaguni,
è un pezzo in cui credo si fondano arrangiamenti e sonorità complesse con
esplosioni colossali, ma da bravi genitori ovviamente siamo fieri di tutto
l’album. Voyager è l’ultimo pezzo che
abbiamo scritto fra quelli presenti sull’album, e forse per la maggiore
freschezza è uno di quelli che ci piace maggiormente suonare dal vivo. Come
detto Something Escapes è invece il
più anomalo, la cui interpretazione può cambiare molto anche da un live
all’altro.
Il disco è autoprodotto, con il
sostegno promozionale dei Dischi Bervisti… come avete lavorato con loro?
Li abbiamo conosciuti attraverso
Enrico Baraldi, che ha curato il mix di Light
Cut. Nunzia ci sta aiutando molto nella promozione del disco e in altri
aspetti organizzativi.
Copertina molto particolare, sembra l’immagine di un film espressionista ...
chi l’ha fatta e pensata così?
La copertina nasce dalla collaborazione fra me (Andrea) ed Eleonora Di
Eleonora, architetto e designer che ha tratto ispirazione dal titolo dell’album
Light Cut per creare l’immagine
iniziale. La composizione di linee spezzate genera tagli di luce e una
sensazione di spaesamento che credo rifletta bene i brani contenuti nell’album.
Io ho contribuito all’editing e all’anaglifo.
Come presentate dal vivo il disco?
Curiamo molto l’esperienza live, sia da un punto di vista sonoro che d’impatto.
Anche all’interno della stessa canzone ci sono dinamiche molto diverse e questo
crea un “viaggio” sonico di grande coinvolgimento, questo è uno dei complimenti
più ricorrenti e graditi.
Altro da dichiarare?
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presto annunceremo nuovi live e altre novità. A presto!
Notte dilatata/dilatante in palude con gli Aikira e il loro Light Cut.
RispondiEliminaNove tracce sonore, nove pezzi strumentali, vibranti, acidi, che colpiscono dentro e fuori.
RispondiEliminaEtera, che apre il disco, ed è anche il primo singolo, rappresenta bene gli Aikira, con i suoi pieni e vuoti, cambi di ritmo, la poesia sonora ...
RispondiEliminaMolto interessanti anche Voyager con la sua dilatazione, il noise sottopelle, le chitarre a briglia sciolta e la cinetica Drive.
RispondiEliminaSomething Escapes è acida e cullante per tutta la sua lunghezza (ben 8 minuti e 58), anche per questo resta ... come la seguente Alan, vibrante rilassata/rilassante piena e vuota, molto entrambe le cose.
RispondiElimina...ma Light Cut è tutto da ascoltare.
RispondiEliminaTutte le nove canzoni meritrebbero una citazione, provate ad ascoltarlo e ditemi.
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