NOTE
SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE: Avanguardia retró
DOVE ASCOLTARLO:
QUI
PARTICOLARITA’: musica estrema strumentale
CITTA’: Treviso / Fermo
DATA DI USCITA: 11 aprile 2016
Come è
nato Discordia?
Discordia
è il
quinto album di BV e l’intento
era quello di tirare un po’ le somme di quanto fatto fino ad ora, con la grande novità
di avere un vero batterista
(Alessandro Vagnoni) che mi ha accompagnato durante le registrazioni. I pezzi
di BV sono sempre nati dalla parte ritmica e quindi per la prima volta mi sono
trovato ad arrangiare e scrivere dei pezzi partendo da ritmiche suonate da una
persona in carne ed ossa e non più programmate al computer. Questo ha fatto sì
che il disco abbia un respiro diverso
e, a volte, dei fraseggi ritmici meno complessi. Quindi, partendo dalle
batterie, man mano abbiamo aggiunto il resto e alla fine ci siamo ritrovati con
sedici pezzi di cui eravamo (e siamo tutt’ora)
completamente soddisfatti.
Perché
questo titolo? …
titolo forte. O no?
Beh, il titolo è
forte nella misura in cui è
forte la musica, per quel che mi
riguarda. Idealmente questo disco è la conseguenza diretta di quanto detto e fatto coi precedenti
Uno Bianca e soprattutto con Utopie e piccole soddisfazioni. Ho
da tempo l’impressione
che gli esseri umani trovino sempre un motivo più
o meno valido per mettersi gli uni
contro gli altri, magari forse solo per sfogare le proprie frustrazioni, ma la
cosa che mi lascia perplesso è che spesso ci troviamo a chiederci “in quale mondo viviamo?”. Da qui il titolo, essenziale e
abbastanza chiaro nelle intenzioni. In più mi fa venire in mente tutta la questione della Costa
Concordia e la cosa, per quanto tragica, mi fa un po’
sorridere.
Come è
stata la genesi del cd, dall’idea iniziale alla sua realizzazione
finale?
L’idea
iniziale è nata dal fatto che dopo vari split, remix e altre
collaborazioni avevo voglia di far uscire un full-lenght.
Come al solito mi sono fatto
travolgere dagli eventi e sono impazzito durante la realizzazione del disco. In
generale ci sono stati moltissimi scambi di idee e file tra me ed Alessandro a
partire dai provini fino ad arrivare al mastering finale. Anche perché
il disco è
stato registrato un po’
nel mio studio e un po’
nel suo, quindi ci siamo ritrovati ad
avere molto materiale sparso da assemblare. Dopodiché
Alessandro l’ha mixato ed io l’ho masterizzato. Il disco è
uscito in vinile, cd, e cassetta
grazie a Overdrive (etichetta che ha collaborato con noi su un’altra uscita), mentre noi con Dischi
Bervisti abbiamo curato la promozione e la distribuzione digitale del disco.
Qualche episodio che è
rimasto nella memoria durante la
lavorazione del disco?
Un momento memorabile, per me, è
stato quando ho finito di registrare
tutto e dovevo mixare. Ho mandato le prime prove di mix ad Alessandro, il quale
ha cominciato a darmi consigli ed ha voluto provare a metterci le mani per
vedere come suonava. Dopo aver sentito il risultato, gli ho passato tutti i
file e ho fatto fare il lavoro a lui. Ecco, sembra una sciocchezza, ma non era
mai successo prima che qualcuno mettesse mani ai mix dei miei pezzi. Ho sempre
fatto tutto da solo, caricandomi anche di responsabilità
più
grandi di me, ma stavolta, finalmente,
potevo affidare in mani sicure il mio lavoro.
Se questo cd fosse un concept-album su
cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Come ho già
detto sopra, in questo disco c’è
un po’
il disagio di vivere in un mondo
governato dagli esseri umani che non fanno altro che litigare di continuo. Non è
un concept vero e proprio come quello
dietro all’album
Uno Bianca, qui la discordia fa un po’
da filo conduttore tra i vari pezzi,
sia musicalmente che a livello di immaginario generale.
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai
più fiero
di Discordia?… che ti piace di più fare live?
Sono molto legato a Binario morto
che, se non sbaglio, è il primo scritto per questo disco. È
un pezzo lungo e molto oscuro, con una
parte doom centrale che mi fa venire i brividi quando la suono dal vivo. Sono
molto fiero anche di Colonialismo, mi sembra la sintesi di mille cose
fatte in passato da me insieme con altri musicisti. Adoro Sigle di telefilm,
ma anche Il tempo dell’astinenza.
Dal vivo ci divertiamo molto a suonarli un po’
tutti, anche se effettivamente i pezzi
dei dischi precedenti erano decisamente meno elaborati e meno tecnici.
Il cd è
ricco di collaborazioni, sia come
label, sia come musicanti: chi senti più importante nella sua realizzazione? I nomi da citare
assolutamente …
Come già
detto, Alessandro è
assolutamente il primo della lista. Mi
ha accompagnato nell’ultimo
anno e mezzo con costanza e una buona dose di sopportazione. Poi i musicisti
coinvolti, prima di tutto Monique “Honeybird”
Mizrahi (che ha scritto Colonialismo),
poi gli Ottone Pesante (presenti in Leviatano), Fabio “Reeks”
Recchia (voce su L’eterna lotta tra il bene e le macchine) e Paolo Polon (a cui ho dato l’onore e l’onere di aprire il disco con il suo
pianoforte). Poi ovviamente se non ci fossero stati i ragazzi di Overdrive non
ce l’avremmo
fatta, credo, così come se non ci fosse stata Nunzia Tamburrano, mia compagna
nella vita e nel lavoro, molto probabilmente il disco non sarebbe stato
promosso a dovere e soprattutto non starei rispondendo a questa intervista.
La copertina è
tragica e simbolica ... come è
nata e chi è
l’autore?
Cosa rappresenta
La copertina è
un fotogramma preso da un telegiornale
locale durante un servizio sull’incidente
ferroviario avvenuto a Crevalcore (Bo) il 7 gennaio del 2005. È
un’immagine molto forte e l’idea di utilizzarla mi è
venuta quasi spontaneamente una volta
deciso il titolo dell’album.
I vagoni squarciati l’uno
contro l’altro
mi sembra rappresentassero visivamente l’idea
che mi ero fatto della sonorità complessiva del disco. Partendo da questa idea, tutta la
parte grafica è stata curata come al solito da Eeviac, ormai al lavoro con
me da quattro album. Per il retro della copertina e la busta interna ha creato
un immaginario ispirato alla grafica delle ferrovie (biglietti, abbonamenti e
quant’altro).
Come presenti dal vivo questo album?
Il concerto inizia con Sigle di
telefilm e si conclude con Colonialismo, ma in mezzo ci sono varie
parti dedicate anche ai dischi precedenti. Io ed Alessandro suoniamo chitarra
(o violino) e batteria, mentre dietro di noi abbiamo dei visual creati ad hoc
pezzo per pezzo. Diciamo che è una specie di narrazione che porta il pubblico a farsi un
discreto trip tra varie storie più o meno vere e più o meno crudeli. Tutto questo con un paio di pause al
massimo in cui viene chiesto al pubblico di osannare Satana o Gesù, dipende dalle serate.
Altro da dichiarare?
Direi di no. Grazie mille per avermi
dato dello spazio in cui raccontare le cose che faccio. Noi saremo in tour
anche durante l’inverno,
quindi per chi ci volesse venire a vedere o sentire, il sito è
sempre aggiornato con tutte le date
confermate.
Disco decisamente forte, nella forma e nei contenuti ... anche per questo, anzi, sopratutto per questo è un piacere ospitare in palude Nicola Manzan.
RispondiEliminaIl disco ti tiene incollata la cuffia dall'inizio alla fine. 16 pezzi che non possono lasciare indifferenti l'ascoltatore.
RispondiEliminaDifficile quindi, come spesso capita in palude, dire i brani preferiti, essendo un disco compatto, un vero e proprio compact-disc :)
RispondiEliminaMa come sempre qualcuno mi punta una pistola alla tempia e allora dico: Sigle di telefilm per la forza evocativa che la trasforma subito in un classico, gran vibra in Chiamala rivolta, ironia fine in salsa noise per Incredibile lite al supermercato e per L'eterna lotta tra il bene e le macchine.
RispondiEliminaLa title-track è un vero e proprio spezza-coda da combattimento, come il brano che chiude degnamente l'album, Colonialismo, scritto dalla comune amica Honeybird.
RispondiEliminaLa tua definizione di avanguardia retrò, la copertina, il nome del gruppo...tutto mi ha spinto ad andare ad ascoltare i pezzi di questi ragazzi superando la mia solita pigrizia; mi sono sentita subito a casa. Sarà la mia preferenza per i pezzi strumentali, saranno le sonorità un po'd'altri tempi (come me del resto), il loro lavoro mi è piaciuto molto.
RispondiEliminaQuindi grazie Ally per avercelo presentato.
Non male anche Uno Bianca, gli altri mi sono piaciuti meno.
RispondiEliminaGrazie a te per l'attenzione Vera, che da vera intenditrice è caduta su di un gruppo autenticamente cult e sui dischi migliori ...
RispondiEliminaAlligatore noooo! Intenditrice io?? La mia cultura musicale è pessima! ascolto anche poca musica ultimamente,e ho una conservatrice predilezione per la musica degli anni '70 e prima parte degli '80 come tutti i vecchi rimango legata all'"imprinting musicale dei miei verdi anni. Non capisco il Jazz quasi per nulla, non so cosa siano molti dei generi che sento nominare... Insomma un vero disastro.
RispondiEliminaQualcuno di non troppo antico che amo? La fantastica, mitica spettacolare Lauri Anderson.