Ritorna nella palude unòrsominòre. ed è un ritorno gradito, forte, impegnato, con i piedi nel piatto della realtà. Conosco questo musicante della mia città da alcuni anni (vi ho mai detto della mia prima intervista ufficiale fatta a lui nel 2003?) e l’ho sempre seguito con molto piacere. Oggi ancora di più: dopo l’omonimo esordio di due anni fa è da poco in giro il suo nuovo cd, La vita agra (sì, La vita agra) uscito per Lavorarestanca/Fosbury records. Un album dichiaratamente impegnato, da anni ’70 sia nella forma sia nei contenuti.
Basta snocciolare alcuni titoli per intuire di cosa stiamo parlando: La vita agra I, Storia di Giovanni Passannate, Anarchico Italiano, Ci hanno preso tutto, La vita agra II … con parole pesate, uno stile per nulla ruffiano, ma sincero, diretto. La musica è la sua, quella magica psichedelia sempre più vicina al cantautorato classico. La copertina è minimale, con lui in disparte, a destra, il nome al centro con sotto il titolo La vita agra. Significativo che oggi, anno di (dis)grazia 2011 esca un disco con un titolo così. E allora partiamo … Pronti?
VAI AL SUO SITO http://www.unorsominore.it/
VAI AL SUO MYSPACE http://www.myspace.com/unorsominore
eccomi. ciao alligatore :)
RispondiEliminaCiao, bentornato nella palude.
RispondiEliminaViaggio lungo?
RispondiEliminadalla mia tana, dici? ma no. e poi fra bestie ci si intende.
RispondiEliminaCerto, questa sera sarà bestiale allora ;)
RispondiEliminapare che il numero di bestie nella scena italiana continui a crescere, sarà il caso di prendere provvedimenti. ;)
RispondiEliminaTutte in palude...
RispondiEliminaPronto per l'intervistona in diretta?
RispondiEliminacerto!
RispondiEliminaAllora faccio partire il cd e vado con la prima domanda ...
RispondiEliminaCome è nato “La vita agra”?
RispondiEliminaFaticosamente. L’idea di un disco impegnato, politico, è arrivata un paio di anni fa e subito mi è parsa naturale, necessaria. Mi è sembrato impossibile non farlo, parlare e cantare d’altro, in questi tempi sofferenti e malandati e umiliati. Ma la realizzazione pratica del lavoro è stato un processo lungo, perché le canzoni sono state composte in modo diverso dai miei lavori precedenti; per la prima volta è arrivata prima l’idea di base, poi le parole, e per ultime le musiche. Scrivere i testi mi ha portato via tanto tempo e tante energie. Sono liriche diverse da quelle che ero abituato a scrivere; sono dirette, esplicite, parlano di cose precise e concrete. Esprimersi per metafore e parlare di emozioni è paradossalmente più semplice che mettere nero su bianco concetti precisi, cercando di preservare un minimo di senso estetico… Poi un’altra impresa faticosa è stata trovare le musiche e i suoni adatti per completare quei testi, senza scadere in troppi stereotipi cantautorali o di altro genere. La canzone di protesta oggi sembra quasi esclusivo appannaggio del rap, o comunque di un linguaggio musicale imbastardito con il parlato (notevole eccezione i Ministri, direi). Mettere la canzone pop-rock al servizio di parole di denuncia è piuttosto delicato.
RispondiEliminaE insomma fra una cosa e l’altra ci ho messo più di un anno a scrivere tutto. Nel frattempo infatti ho registrato e dato alle stampe l’ep “Tre canzoni per la Repubblica Italiana”, uscito l’anno scorso il 2 giugno – un modo per esternare qualcosa subito mentre si lima il lavoro grosso. Per quell’ep qualcuno ha anche pensato a una mia deriva destrorsa – sai, la retorica della patria, eccetera… :)
RispondiEliminaMa invece il concetto di fondo è lo stesso che per questo lavoro: parlare, dire qualcosa, dare voce al proprio sentimento di – uh, stavo per scrivere “indignazione” ma ora come ora non mi piace più di tanto, diciamo di nausea che è più sartriano, verso la realtà sociale e politica com’è – oggi più che mai, forse – in questo paese.
Wow, quante cose ...condivido che ora sia un termine abusato, e ottima l'idea di riprendere la nausea ...
RispondiElimina… anche se non è difficile capirlo.
RispondiEliminaPerché è conciso, preciso, illustra il nocciolo della questione. E ha un sapore antimoderno che mi piace parecchio. I titoli sono sempre una questione delicata per me, cerco sempre di evitare didascalie, difficilmente do a una canzone il titolo prendendolo dal ritornello, anche perché spesso non ci sono ritornelli... Il titolo di un disco poi è faccenda ancora più complicata perché devi raccogliere in una o poche parole il senso di un lavoro compiuto e articolato. Infatti quando ho potuto ho proprio evitato direttamente di mettere titolo, per evitare problemi… In questo caso invece il nome è arrivato di botto, quando già la maggior parte delle canzoni avevano preso forma; avevo visto il film “La vita agra” qualche anno fa, mi ero procurato il libro e l’avevo divorato, e questo nome è riaffiorato all’improvviso, probabilmente guardando la libreria. E mi è subito sembrato perfetto. Di solito sono molto critico contro le mie intuizioni, mentre in questo caso ho pensato “è lui”.
RispondiEliminaSintetizza in due parole il concetto che più ho cercato di esprimere nelle canzoni: quanto le nostre vite siano diventate povere, smunte, agre appunto, in ciascun senso possibile, negli ultimi trent’anni. E’ qualcosa che va ben al di là dell’attuale classe di governo, ormai prossima, credo, a levarsi dai coglioni (magari già domani?); è qualcosa che ci porteremo dentro molto più a lungo, perché sono state intaccate le radici stesse di un pensare e di un sentire diverso da quello imperante dell’apparire, del concorrere, del fare profitto, del mettersi in evidenza, del circuire con destrezza; e del rifuggire la “pesantezza” sempre e comunque, del cercare una “leggerezza” tanto fatua quanto dannosa alla capacità di analisi, di comprensione e di ribellione. La nostra è la società del farsi pubblicità, dell’accumulare senza darsi limiti; è un edonismo accartocciato su sé stesso.
RispondiEliminaFra l'altro approfitto per ringraziare ancora la famiglia Bianciardi, per aver acconsentito all’uso del titolo.
RispondiEliminaCerto, analisi lucida e da sottocrivere, mi piace ... e poi sembra di vederti mentre davanti alla libreria hai questa intuizione, che si è poi rivelata importante.
RispondiEliminaNon semplice spontaneismo.
RispondiEliminaBianciardi oggi è attuale? … o lo abbiamo superato ampiamente quanto a degrado culturale?
RispondiEliminaNo, devo dire che questo disco è molto pensato, ogni dettaglio è stato limato con cura - cosa che non avevo sempre fatto in precedenza.
RispondiEliminaUno che ci ha visto bene, insomma …
RispondiEliminaIo lo devo ancora leggere, ma lo farò (è in cima alla lista).
No no, secondo me Bianciardi è ancora attualissimo. Perché vedi, non si tratta solo di contestare, ma anche o soprattutto di riconoscere quando si fallisce, e si viene fagocitati – che è la storia di Bianciardi nel suo libro ma anche la storia di tutti noi, oggi. Mi costa dirlo, ma non voglio lanciare alcun messaggio di speranza, e il senso delle mie parole nelle nuove canzoni è piuttosto cupo; non vedo possibili vie d’uscita a portata di mano, non negli attuali recinti che ci sono concessi. I metodi di “ribellione” o “dissenso” sono tutti ormai ampiamente consunti, ci sfuggono di mano. Spero di sbagliarmi ovviamente ma credo che il sistema sia molto, molto più allenato di noi nel contenere qualsiasi tipo di tentativo di scardinamento (e nota che dico “il sistema”, e non questo o quel politico o partito: gli uomini sono sempre deboli e spesso stupidi, e creano ingranaggi più grandi di loro. Come il Gelli di Guzzanti ridotto a blaterale in sedia a rotelle, questi uomini passeranno, ma resteranno le macerie da loro prodotte, e resterà la macchina che li ha creati, che loro hanno oliato e rafforzato, e che continuerà a triturare).
RispondiEliminaL’aveva detto Bianciardi, lo aveva detto anche Gaber nel suo Dialogo fra un impegnato e un non-so, anno del signore 1972, lo avevano detto in tanti; non si riesce mai a dar fastidio, entro questo recinto ben sorvegliato che chiamano, storpiando le parole e il loro significato, “democrazia” o “libertà”. L’unica cosa che mi sembra sensato fare, oggi come oggi, è fermarsi, ricostruire noi stessi, riconoscere anche in quelli che sembrano dettagli insignificanti le nostre debolezze e gli aiuti che diamo al sistema; “impariamo a rinunciare, a non collaborare”, canto in un pezzo, riprendendo alcuni concetti di cui parla anche Bianciardi nel suo romanzo. Non è semplice “resistenza passiva”, è più un invito alla concentrazione, al prestare attenzione ai nostri gesti quotidiani che sembrano innocui e invece sono bricks in the wall – l’aperitivo, la distrazione, l’acquisto facile, il rampantismo, il pensiero debole, l’omologazione.
RispondiEliminaSì, leggo con attenzione, e purtoppo devo concordare con l'analisi ...
RispondiEliminaIndipendentemente dai fatti recenti... è una cosa che viene da lontano.
RispondiElimina*blaterare, ovviamente. :)
RispondiEliminaCerto, "Come il Gelli di Guzzanti ridotto a blaterare..."
RispondiEliminaC'è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale sei più fiero?
RispondiEliminaSì, eviterò la manfrina del “sono tutti figli miei”; i pezzi che amo di più sono “Il mattino del 26 luglio”, “Ci hanno preso tutto”, “Celluloide” e “La vita agra II”. Sono tutti pezzi molto cupi, non sarcastici, vanno diritti al punto ed era quello che cercavo, e anche musicalmente mi sembrano interessanti. Il “26 luglio” è un pezzo difficile per me, è il più “classico” nella sua struttura cantautorale, non avevo mai fatto niente di simile ed è stato interessante confrontarmi con questa cosa.
RispondiEliminaI due brani scelti come "apripista", invece, sono ovviamente quelli più immediati: "Storia dell'uomo che volò nello spazio dal suo appartamento" e "Perdenti più sani", quest'ultima uno dei pochi momenti ironici e in qualche modo "leggeri" (ma nemmeno poi più di tanto) di tutto il disco.
RispondiEliminaSì, ho notato, da tuo vecchio ascoltare, che "Il mattino del 26 luglio” è qualcosa di nuovo...
RispondiEliminaE' uno dei pezzi attorno ai quali è nata l'idea di disco, uno dei primi su cui mi sono messo a lavorare - e uno degli ultimi a trovare la sua forma definitiva, in effetti.
RispondiEliminaSemplice voce e chitarra...
RispondiEliminaBella domanda ;)
RispondiEliminaI temi civili, ci sono, vedo.
RispondiEliminaPerché “se fosse”? Io credo lo sia davvero. E’ un concept su di noi, sulle nostre vite e sul nostro tempo, e sul nostro progressivo impoverimento, su tutti i fronti. Sulla nostra incapacità di fronteggiare questo degrado interiore ed esteriore, del quale siamo anche responsabili, e dell’inventarci azioni e linguaggi nuovi per cercare di risollevarci. Sull’agonia che dura da vent’anni, e che come dicevamo ha radici ancora più indietro, magari dove non sembra - nelle risate col Drive-In, negli spot che invadono i film, nelle pubblicità onnipresenti in ogni dove. Negli anni ’80 del disimpegno, magari comprensibile in parte dopo l’abbuffata ideologica di fine ’70 ma incancrenito da precise politiche dirigenziali durante tutti questi anni, tese a ridurci un popolo senza coscienza, senza memoria, senza capacità critica, tutto concentrato sull’ultimo delitto sbattuto in prima pagina, o sulle partite del campionato di calcio, o sullo status da scrivere su Facebook, magari inneggiando alla rivolta…
RispondiEliminaE poi è su come sia difficile oggi trovare una propria identità, fare progetti, innamorarsi, metter su famiglia, essere sereni e provare a costruirsi una vita dovendo fare i conti con tutto questo. E infine di come sarà difficile uscirne, ricominciare a ragionare in modo diverso, scrollarsi di dosso certe categorie che oggi paiono assolute ed imprescindibili e invece sono figlie di un’epoca destinata, come tutte le cose, a passare, ma forse su tempi più lunghi di quelli che ci potremo permettere noi... “se avremo ancora un po’ da vivere”, come cantava quello.
RispondiEliminaCiao Adriano ... sì, ci sono, è vero se ci sono i temi civili. Finalmente.
RispondiEliminaSì, sì, è un concept-album ... come se ne facevbano negli anni '70, che a me piacciono molto, tra l'altro...
RispondiEliminaTi piacciono gli anni '70 o i concept album? :)
RispondiEliminaEntrambi... sono legati ;) e più colorati di quel che si pensi.
RispondiEliminaTu esplicitamente citi i grandi album anni Settanta, sia nella veste grafica, sia nelle immagini dirette, senza fronzoli. Perché questa citazione? A chi/quale album hai pensato?
RispondiEliminaSe hai pensato a qualcuno in particolare...
RispondiEliminaBeh, i nomi non possono che essere i soliti: Gaber e il suo teatro canzone, De Andrè ovviamente con “Storia di un impiegato”; mi dicono che ci siano similitudini con Guccini, che però ahimè conosco poco. Ma sono riferimenti abbastanza vaghi... non avevo in mente nessuno di loro mentre scrivevo i testi o le musiche, l’accostamento è solo un fatto dovuto perché se canti un certo tipo di canzone non puoi non pensare a questi autori, ma è come dire che se fai canzoni in italiano con la chitarra distorta allora ricordi gli Afterhours o i Marlene Kuntz.
RispondiEliminaInvece il riferimento a quei lavori è effettivamente esplicito nell'artwork, opera di Laura De Salvatore (che ringrazio di cuore); e la scelta è stata fatta per allontanare il più possibile questo lavoro da certa contemporaneità che detesto e contro la quale inveisco in certe canzoni, oltre che, ovviamente, per omaggiare questi illustri predecessori. E poi per dare l’idea fin dalla prima occhiata che si tratta di un disco di musica poco adatta alle feste danzanti. Ci abbiamo lavorato parecchio, e sono molto contento del risultato ottenuto.
RispondiEliminaSì, in realtà io faccio fatica a paragonarti a qualche nome del passato ... musicalmente ti sento molto in linea con quanto hai fatto fino ad ora... solo più diretto nei testi, se devo dire l'impressione primaria.
RispondiEliminaGuccini musicalmente non direi ... forse proprio nell'artwork hanno rivisto Guccini.
RispondiEliminaLa barba ;)
RispondiEliminaBeh, penso che ci sia stato un ammorbidimento negli arrangiamenti e nella produzione, e che certe strutture tipicamente "rock" siano meno evidenti che in passato, per lasciare spazio a brani più aperti, anche armonicamente meno complessi. Però chiaramente la radice è la stessa...
RispondiEliminaSì, c'è pure il pezzo beatlesoniano ;) dei primi e incazzati fab four.
RispondiEliminaCirca Guccini: ha sorpreso anche me, ma mi hanno fatto sentire un paio di pezzi che non conoscevo del giovane Francesco nei quali, con mia sorpresa, mi sono ritrovato parecchio. :)
RispondiEliminaChiederò al fratello maggiore, gucciniano de fero.
RispondiEliminaTornando alla cover, be', la si vede, ed è veramente unica, nel panorama attuale ...complimenti a Laura De Salvatore.
RispondiEliminaNon è un disco per feste danzanti, ma un disco musicalmente molto vivo, che contiene molti suoni, molte cose (più lo ascolto e più dico, chiapperi, quante cose).
RispondiEliminaGrazie :) Credo che metà del merito per questo vada al produttore, Fabio De Min.
RispondiEliminaInfatti stavo arrivando ;) mi piace prenderla alla larga ;)
RispondiEliminaHa collaborato con te Fabio De Min dei Non voglio che Clara, alla produzione e per l’arrangiamento di alcuni pezzi. Come è stato collaborare con lui? Qualche episodio?
RispondiEliminaDevo dire, senza piaggeria, che in Fabio ho trovato un collaboratore eccezionale. Si dice sempre così, vero? :) Però in questo caso è vero. Credo di poter dire che il buon risultato delle sessioni sia dovuto anche al bel rapporto umano che si è creato. Ci siamo intesi presto, mi sembra, su parecchie cose, e non solo intorno alla musica. Chiaramente, era necessaria una certa risonanza nel sentire e nel ragionare, dovendo lavorare a un prodotto artistico così esplicitamente schierato e così "denso". Fabio mi ha detto subito che l’idea di produrre un disco “politico” gli piaceva e lo stimolava, e me lo ha dimostrato anche partecipando attivamente al processo creativo, all’arrangiamento di alcuni pezzi, e suonando tutte le parti di pianoforte e sintetizzatore, in certi casi anche cambiando anche notevolmente il risultato finale del brano. Da parte mia, mi sono messo completamente a sua disposizione – era quello che volevo, un produttore con le idee chiare che indirizzasse il lavoro su binari precisi e completasse alcune mie intuizioni non del tutto messe a fuoco.
RispondiEliminaSono stato a Belluno per cinque giorni a registrare, suonando io tutti gli strumenti e cantando; poi lui ha aggiunto pianoforti e archi, in parte basandosi sulle demo che avevo preparato, in parte scrivendo ex novo.
RispondiEliminaSì, si dice così ;) comunque si sente, che è vero e non è tanto per dire.
RispondiEliminaIl cd è uscito con Fosbury Records e Lavorarestanca. Come è avvenuto l’incontro? Come hai collaborato con loro?
RispondiEliminaBeh, la collaborazione è ancora agli inizi, vediamo come andranno le cose :) LavorareStanca è l’etichetta di Fabio, che dopo aver prodotto artisticamente il lavoro mi ha proposto anche di pubblicarlo con lui, cosa che avevo sperato e alla quale sono stato ben felice di assentire. L'incontro con lui è avvenuto dopo un concerto dei Clara a Padova, tramite l’amico comune Mario Pigozzo Favero, dei Valentina Dorme. Ho passato a Fabio i miei lavori precedenti, a lui sono piaciuti, e mi ha ricontattato per lavorare insieme ai brani nuovi. Coinvolgere anche Fosbury poi è stata una scelta abbastanza naturale, dato che vivendo a Padova da qualche anno ho potuto conoscere di persona i ragazzi dell’etichetta e stringere amicizia con loro, che a loro volta sono amici di Fabio. Ovviamente, di fondo c’è la stima per il lavoro che hanno dimostrato di saper fare negli anni, con le loro produzioni.
RispondiEliminaSì, conosco molto bene la Fosbury ... pochi dischi ma buoni, e cerco che passino tutti di qui. Da ultimo, prima di te, N.A.N.O.
RispondiEliminaMolto positivia la collaboraione con loro, e ovviamente con Lavorarestanca.
RispondiEliminaTra gli omaggi, molto forte quello a Giovanni Passannante. Parliamone...
RispondiElimina(Forte sia nel testo sia nella musica ... e ovviamente nel titolo).
RispondiEliminaSì, quella di Passannante è una storia di violenza, sofferenza e umiliazione che conoscono ancora in pochi e che mi è parsa di grande impatto emotivo. Giovanni Passannante è stato un anarchico di fine ‘800, che ha attentato alla vita del re Umberto I munito di un coltellino di 8 centimetri. Il re non si fa niente, lui invece viene acciuffato, processato e condannato a morte. La pena gli viene commutata in ergastolo; viene rinchiuso in una minuscola cella, posta sotto il livello del mare, pria di latrina, e lì rimane senza poter mai parlare con nessuno e in completo isolamento per più di vent’anni - al buio, al freddo e all’umido, tra i propri escrementi, caricato di diciotto chili di catene, in questa celletta col soffitto era più basso della sua statura. Quando lo fecero uscire era ovviamente un rifiuto umano, e aveva completamente perso la ragione. Venne chiuso in un manicomio crimiale e lì morì poco tempo dopo. Il suo cervello venne posto in una teca e conservato per studi di criminologia lombrosiana, e fino al 2007 è stato esposto al pubblico in un museo. Al paese natale di Passannante venne cambiato nome da Salvia a Savoia; l’intera famiglia di Giovanni fu arrestata e rinchiusa in manicomio criminale a vita. È uno dei modi per descrivere l’orrore del potere, che non è mai buono come cantava quel tale, ma certe volte sa dimostrarsi davvero carogna.
RispondiEliminaCirca la musica, posso dirti che è stato uno dei pezzi a darci più da lavorare; abbiamo cercato a lungo il suono giusto per rendere dapprima l'idea di ribellione e rabbia, e poi di claustrofobia. Resta un episodio a sé nell'economia globale del disco, forse il più vicino al mio modo di fare musica in passato, sicuramente è il più violento - musicalmente - fra i dieci brani.
RispondiEliminaSì, conoscevo questa storia di Passannante, ma forse non tutti la sapevano (non credo ci siano domande nei quiz tv su di lui), e musicalmente sì, è dura, la più dura dell'album (nei miei appunti ho scritto: rock duro, molto lecrevissiano).
RispondiEliminaMa parliamo del futuro prossimo ...
RispondiEliminaCome e dove presenterai “La vita agra”? Qualche data …
RispondiEliminaStiamo programmando ora le prime date del, uhm, tour: Belluno 5 novembre, Torino 19 novembre, Padova 9 dicembre; quest'ultima in acustico, negli altri casi con la band al completo (e fammi citare il sempre ottimo Enrico Tedeschi al basso, con me ormai da un sacco d tempo, e i nuovi arrivati Michele Bergamini alla batteria e Michele Marchesini alla chitarra).
RispondiEliminaNon ti nascondo comunque che suonare dal vivo in contesti adatti è abbastanza difficile oggi per gente della mia categoria - né troppo su né troppo giù, per capirci. Mancano i luoghi per chi non fa numeri a due cifre di pubblico ma vorrebbe evitare contesti troppo posticci, e vuole dare alla musica l'importanza che deve avere - non un semplice sottofondo da bar, insomma; i posti più belli, al momento, mi sembra siano in Centro e Sud Italia, dove spero di passare entro la primavera.
Spero che qualcuno passando di qua legga questo tuo desiderio e tu parta per il centro e sud Italia con un bel tour ... anche il N.A.N.O. passato di qui a settembre, mi diceva di questo desiderio.
RispondiEliminaN.A.N.O e unòrsominòre in a sud di nessun nord ...
RispondiEliminaBello, potrei sentire Emanuele per organizzare un giro insieme :)
RispondiEliminaSì, potrebbe essere una bella idea. Partenza dal Bruno, ovviamente e poi in giù...
RispondiEliminaPer finire: una domande che non ti ho fatto, una risposta e poi tutti a nanna …
RispondiEliminaVediamo, potrei farti qualche nome di artista o band che mi piace. Non sono così tanti in effetti; a parte cahiramente i Non voglio che Clara (che però amo da tempi non sospetti!), direi i Ministri (ma soprattutto il secondo disco più che l'ultimo), e poi gli Offlaga e Benvegnù. E un po' meno noti, ma davvero bravi: i Dilaila, i Bancale, i Misachenevica.
RispondiElimina*chiaramente :) dannati refusi
RispondiElimina... è il bello della diretta.
RispondiEliminaBei nomi, bella gente ... qualcuno è pure passato nella palude.
RispondiEliminaAltro da dichiarare?
RispondiEliminaBè, direi: consiglio per tutti: appena esce (pochi giorni e sarà disponibile) ascoltate "La vita agra". Poi leggete il libro, e poi guardate il film. Potete anche invertire l'ordine, va bene lo stesso.
RispondiEliminaIo sono partito con il cd, e ho ora una gran voglia di leggere il libro ...
RispondiEliminaGrazie kappa (o devo dire òrso?)
RispondiEliminaCome preferisci, alligatore (o devo dire diego?) :) grazie a te per l'ospitalità.
RispondiEliminaAllora buonanotte e buonafortuna a unòrsominòre., firmato L'Alligatore, con la A maiuscola, mi raccomando ;)
RispondiEliminaGulp! Chiedo scusa. Però allora aggiungi il punto al nome, nel titolo ;) Buonanotte, ciao!
RispondiEliminaOvviamente scherzavo ;) però è vero, nel titolo c'era un errore, perchè il nome tuo giusto in fondo ha il punto, e me ne sono accorto prima che tu lo scrivessi, un secondo prima. Dopo aver parlato della sostanza, sistemiamo la forma. Sarebbe bene fare spesso così ;)
RispondiEliminaCiao e ... alla prossima.
RispondiEliminaForma e sostanza non sono scindibili, "chi parla male pensa male e vive male". :) 'Notte!
RispondiEliminaSinceramente, non ho letto tutta l'intervista, le prime tre domande e poi giù giù giù fino ad incappare nella cit. a Moretti. Buona giornata! Ciaooo
RispondiEliminaCiao Nora.
RispondiEliminaSi tratta di una bella intervista densa, con il piacere della parola e dell'impegno. Da leggere magari in più volte. L'amico òrso dice un sacco di cose in questo dialogo via web, e ne dice ancora tante altre in musica. Un disco impegnato non perchè lo vuole la moda, ma perchè lui è da sempre così. L'ho seguito fin dagli inizi e sono sicuro di quello che dico, quindi lo consiglio a tutti. Concordo anche con la sua ultima citazione. Io adoro il Moretti al cinema, molte sue citazioni le faccio spesso mie (l'ultimo film, per dire, l'ho già visto due volte al cine).
Me la leggerò con molta calma e cercando di seguire il tuo caloroso consiglio cercherò di conoscere òrso e poi ti farò sapere. Moretti è un mio mito, anche se in caos calmo non mi è piaciuto molto. L'ultimo film l'ho trovato invece brillante. Ma mai dissacrante come nelle sue più famose pellicole. Ecco, appunto, le parole sono importanti no? Quindi, meglio che per oggi smetto di scrivere ;) Ciao!
RispondiEliminaPs: òrso ha gusti musicali affini ai miei! Motivo in più per fidarmi nella scelta di ascoltare la sua musica ;)
RispondiElimina@Nora1
RispondiEliminaSì, "Caos calmo" non è un film completamente suo, anche se è difficile non ci sia un film suo, quando "solo" c'è la sua presenza. Su "Habemus Papam", concordo sulla brillantezza, anche se non è "Palombella Rossa", o "Aprile" o "Bianca" è un suo film. L'autore ancora c'è insomma.
@Nora2
Sì, ha dei bei riferimenti l'òrso, anche per questo merita più di un ascolto.
Sento molto mio questo titolo ;-)
RispondiEliminaUn bacio
@Eva
RispondiEliminaGià, credo un sacco di persone lo possano dire ;)
eccomi...uona domenica e a domani. etta
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